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Post - Noviziato

Il progetto della fraternità, ruota attorno alle quattro priorità dell’Ordine: la vita di orazione e devozione, la vita di comunione e di fraternità, l’evangelizzazione e la missione, la povertà e la minorità.

La sfida è di venire formati a questo progetto di fraternità attraverso una sorta di “contagio fraterno”, cioè la testimonianza della vita.

Il fine: Formare ad una fraternità ecclesiale. L’unico fine “concreto” di ogni vocazione (come ci ricorda l’esperienza di Francesco d’Assisi) è Costruire la Chiesa; Fare Chiesa (= Ecclesia “Chiamati dal mondo ad essere una cosa sola”).

Percorsi formativi dei Professi Temporanei

 

I criteri, contenuti e obiettivi formativi messi in atto, sono quelli indicati dalla Ratio Formationis Franciscanae dell’Ordine e dagli altri documenti. Qui evidenzio alcune linee formative in chiave francescana che orientano il progetto formativo della nostra Casa di Studentato:

 

  1. Conoscere il proprio cuore. Guardare se stessi di fronte a Dio rende umili e fa accettare la propria creaturalità. Nella seconda Ammonizione Francesco ci ricorda che dall’orgoglio nascono tutti i peccati (FF 146-147). Se il formando ha un atteggiamento umile (il mettersi in discussione, la docilità, l’accettare fragilità e limiti), lentamente anche le altre virtù crescono nel cuore. Per conoscere il proprio cuore occorre imparare a stare nella solitudine: habitare secum. Solo se si impara a stare nella solitudine si può vivere in fraternità. Se la fraternità copre la paura della solitudine, diventerà poi il “capro espiatorio” di tutte le insoddisfazioni.

 

  1. Scoprire sempre di più e sempre meglio il vero Volto di Dio. Ogni uomo modella la propria vita a seconda dell’immagine di Dio che si porta dentro.

Il munus formativo è far crescere il formando nello spirito di docilità verso i formatori e verso la fraternità e nello spirito di reciprocità nei confronti dei confratelli formandi e dei poveri. Ambiti da tenere sempre presenti sono i seguenti:

 

  1. Promuovere le relazioni fraterne per creare e vivere in una fraternità senza discriminazioni (né maiores, né minores), né dipendenti, né ribelli. Coniugare i due codici – materno e fraterno – evita una fraternità di indifferenti, in cui predomini la chiusura all’autoreferenzialità. Lo spazio in cui si può vivere la meta più ardua e più elevata di ogni maturazione umana è la relazione fraterna.
  2. Abbracciare il lebbroso. Francesco supera la paura e il rifiuto del suo cuore… dopo questa esperienza Francesco non avrà più chiusura per nessun fratello. Il formando deve apprendere che solo dopo essersi consegnato al Signore (rischio da correre, scelta di morte da accogliere) avverrà il miracolo della trasformazione dell’amarezza in dolcezza (si leverà il canto della pienezza e novità di vita).
  3. I Consigli Evangelici in chiave relazionale. Obbedire per Francesco significa amare: nelle Lodi alle virtù, ubbidienza e carità si proteggono reciprocamente (FF 256). I frati si ubbidiscono perché si amano. La fraternità è il luogo in cui si apprende e si realizza la vera obbedienza. Anche il dono della castità va compreso e custodito all’interno della relazionalità fraterna (amore che custodisce e che non si appropria, non domina e non controlla l’altro). Sulla povertà, Francesco racconta che ha imparato la misericordia dai e con i poveri. La povertà necessaria è certamente quella del cuore, ci ricordano le Ammonizioni. E quella fisica ne è una declinazione, controversa forse, ma certamente necessaria, per non perdere di vista la propria condizione di fratelli che accolgono gli ultimi.
  4. Applicare il principio di circolarità. Francesco intuisce questo principio e ne dà una concreta dimostrazione nell’episodio del Lupo di Gubbio (FF 1852). Accade spesso che chi vive con gli altri è portato a dare all’altro la responsabilità di ciò che accade. Il principio della circolarità apre una prospettiva nuova e più efficace per ricomporre i conflitti: riflettere sul proprio comportamento, per scoprire la parte di colpa, e sulle reazioni dell’altro per scorgere la parte di ragione del fratello, apre spazi di dialogo.
  5. Un importante strumento per formare, rimane il dialogo, attraverso il quale il formatore esplicita il suo compito di prendersi cura (particolare valore acquista il dialogo della correzione fraterna).
  6. La dimensione creaturale e relazionale del lavoro (FF 119). Francesco ci aiuta a cogliere tante sfumature della “grazia del lavoro”: Si lavora perché si è creature e si ha bisogno di mangiare; si lavora perché i poveri lavorano, non vivono di rendite; si lavora “per dare l’esempio e tenere lontano l’ozio” (FF 119); si lavora perché il frutto possa essere condiviso con i fratelli che non hanno questa grazia di lavorare.
  7. Nel Mistero Pasquale, si consuma la sfida di ogni relazione, poiché in esso Cristo ci dona l’amore al nemico come cuore dello “stile relazionale ospitale” di Dio e frontiera relazionale per ogni uomo (e per ogni fraternità). Vivere l’Eucarestia come “guarigioni delle ferite del cuore”, come manuale di relazioni umane (entrare nel mistero della crescita relazionale).
  8. Maria diventa, nella formazione, colei che accoglie come madre, condivide come sorella, appassiona come donna. Senza Maria non è possibile la fraternità, perché è la madre che rende “materno” – come voleva Francesco (FF 91) – l’affetto fraterno, invitando i figli a capirsi e comprendersi.