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Fondato tra il 1219 e il 1222 dal beato Pietro Cathin, inviato a fondare l’Ordine Francescano da San Francesco d’Assisi, il Convento di Bisignano porta il titolo di S. Francesco Stimmatizzato (o S. Francesco alla Verna). La tradizione vuole che nei primi anni abbiano dimorato in questo convento, due tra i Ss. VII Martiri calabresi che danno il nome anche alla Provincia dei Frati Minori di Calabria. Nella metà del ‘400 vi dimorano i Minori Osservanti che lasceranno il posto ai Minori Riformati verso alla fine del ‘500. Dopo la soppressione degli ordini religiosi da parte dello Stato Italiano nel 1860, il Convento ebbe un periodo di abbandono che durò fino a quasi il dopoguerra, quando i frati Minori ricominciarono, con grandi sacrifici, a restaurarlo. In questi ultimi anni è stato ulteriormente restaurato, riportandolo allo splendore antico.

Dal punto di vista artistico, il Convento della Riforma presenta alcuni tesori legati alla tradizione e alla spiritualità francescana.  Un portale del XV secolo, sormontato dallo stemma dei Principi Sanseverino e dal monogramma cristologico di S. Bernardino da Siena, immette direttamente nella navata centrale culminante nell’ abside, su cui si erge l’imponente scultura lignea di Gesù Crocifisso, opera di Frate Umile da Petraia e risalente al 1637, di una bellezza senza pari scolpito nel 1637, l’anno della morte del Sant'Umile, e restaurato recentemente insieme al Crocifisso del Convento di Cutro dello stesso autore.

Di grande valore artistico anche una scultura marmorea raffigurante la Madonna delle Grazie, attribuita alla scuola di Antonello Gaggini (1537) e un dipinto su tela raffigurante il martirio di S. Daniele Fasanella a Ceuta in Marocco, opera di ignoto pittore napoletano della scuola di Luca Giordano (1634-1705).

L’attuale cappella dedicata a Sant’Umile risale alla data della sua beatificazione, cioè al 1882, anno cui è databile anche la prima statua lignea del Santo.

Dalla Chiesa si accede al Convento attraversando il silenzio del meraviglioso chiostro duecentesco, che conserva ancora un'ala risalente al XIII sec.      
In una colonnina si suole riconoscere il desiderio dello scalpellino di lasciare inciso la data della fondazione del convento, cioè il 1222, anno in cui era ancora vivo S. Francesco.

La cella di Sant’Umile è situata nel Convento ed, al suo interno, è possibile ammirare alcune delle reliquie del Santo.        
Inoltre la cella conserva un quadro su tela raffigurante, molto probabilmente, la vera effige di Sant’Umile, commissionato dalla marchesina di Salluzzo nel 1836.

Nella cella è presente un Crocifisso che, secondo alcuni studi effettuati, altro non è che il Crocifisso presente all’interno della Chiesa ai tempi del frate bisignanese: è quindi ragionevole pensare che ai suoi piedi vi si sia inginocchiato in preghiera sant’Umile.

A piedi, scendendo per circa 150 metri dal Santuario, si arriva alla Grotta della Penitenza di Sant'Umile, piccola grotta dove il Santo passava molte ore della giornate "pregando e mortificandosi e dove santificò l'acqua che da essa sgorga "piantando nel mezzo dell'acqua una piccola croce”, rimasta tuttora incorrotta.

 

 

Bisignano - Convento Sant’Umile

87043 Bisignano (CS)

Tel. 0984.1782436

                   Santuario

                   Fraternità di accoglienza vocazionale

                   Casa di Spiritualità

                  

Guardiano: fr. Umberto Papaleo

Vicario della casa e Responsabile della Fraternità di Accoglienza Voc.: fr. Francesco Mantoan

Animatore vocazionale ed Economo: fr. Gaetano Paolo Amoruso

 

 

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Nell’aprile 1252 – scriveva l’avv. Fratea – il vescovo Fra Giacomo da Perugia, dell’Ordine benedettino, fece entrare nella città di Catanzaro i Frati Minori di S. Francesco d’Assisi”.

Cinque anni dopo il Vescovo Fortunato dell’Ordine dei Minori, ottenne dal Pontefice Alessandro IV la Bolla di conferma per la fondazione del primo Convento francescano nella città di Catanzaro. La chiesa della Santissima Trinità fu detta di San Francesco.

Secondo quanto riferiscono gli storici della città. Risale al 1480 l’erezione del magnifico Convento dell’Osservanza sui ruderi del palazzo e del castello dei tiranni Centefles: tutto per opera del beato Paolo da Sinopoli.

Dopo lunghi anni di storia gloriosa i Frati dovettero lasciare il convento per la soppressione e nel 1862 i locali vennero trasformati in ospedale militare.

L’attuale Convento e Chiesa di S. Antonio, rione S. Leonardo, sono stati costruiti nel 1938 dopo varie peripezie e difficoltà non lievi.

Dal 1951 vi risiede il Ministro Provinciale che nel 1957 vede la costruzione di sopraelevazione per la creazione di un intero piano riservato alla Curia Provinciale.

La Parrocchia nasce nel 1961. Sono presenti i Frati Minori. Dal 1975 è attivo il laboratorio indumenti a servizio dei poveri. Dal 1985 è attiva la mensa dei poveri che distribuisce quotidianamente una cinquantina di pasti.

 

CATANZARO – Convento Sant’Antonio da Padova
Via E. Borelli, 35 88100 Catanzaro.

Tel. 0961.726221

Catanzaro - Convento Sant’Antonio di Padova    

Via E. Borelli, 35 88100 Catanzaro

Tel. 0961.726221

                     Curia provinciale

                     Post-noviziato

                     Parrocchia

                     La fraternità è responsabile del Convento san Gregorio in Stalettì

 

Ministro Provinciale e Vicario parrocchiale: fr. Mario Chiarello

Guardiano, Maestro dei post-novizi, Segretario provinciale: fr. Pasquale Comito

Parroco ed Economo: fr. Fabio Antonio Fortunato

Vicario della Casa: fr. Giuseppe Maiolo

Organista: fr. Vittorino Serrao

Professi temporanei: fr. Filippo Campolo, fr. Gianluca Chilà, fr. Emanuele Attilio Lontananza, fr. Rosario Carmelo Morgante, fr. Pierfrancesco Esposito.

 

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Il santuario della Santa Spina a Petilia Policastro venne fondato intorno all’anno 800 su iniziativa dell’arcivescovo di S.Severina, dapprima come modesta abitazione per pochi religiosi basiliani, poi come riparo per i seguaci del poverello d’Assisi, finchè nel 1431, Papa Eugenio vi assegnò il culto francescano al santuario e quindi i padri Osservatori cominciarono a ingrandire e rendere accogliente il luogo. Nel 1523 la splendida svolta del luogo sacro, quella di accogliere “la Sacra Spina”, donata da Fra Dionigi Sacco, confessore di Claudia la allora regina di Francia che a sua volta la donò al frate. Il culto della spina divenne cosi l’elemento di spicco del monastero ed il principale richiamo per la popolazione di Policastro e dei territori vicini; secondo testimonianze del tempo, la reliquia priva di autentica ufficiale, compì cosi tanti miracoli che la chiesa del monastero si riempì preso di tanti ex voto dei fedeli miracolati dalla stessa, che attraverso il suo sanguinamento rinnovava la passione di Cristo sulla croce. A quel tempo la reliquia veniva esposta pubblicamente ogni venerdi di marzo, per ricordare la passione di Gesù e come protezione contro le calamità naturali . Come ieri, anche oggi fede e tradizione allertano folle di pellegrini in processione e preghiera provenienti da ogni parte d’Italia. Ciò accade perchè la Santa Spina è un luogo di fede e ricognizione dove ogni cosa parla di Cristo e della sua Passione, dall’oratorio nel bosco luogo di meditazione e preghiera, le innumerevoli tele seicentesche che adornano il santuario e raccontano la storia della Spina e la vita di Gesù, la statua marmorea della Madonna dello svizzero Gagini e la processione del Calvario, che ogni anno con i suoi costumi originali e le forti scene affascina folle di pellegrini che impavidi e poco spaventati dal lungo e impervio sentiero e dal freddo si immergono nella preghiera e si immedesimano nel dolore del Cristo.

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Post - Noviziato

Il progetto della fraternità, ruota attorno alle quattro priorità dell’Ordine: la vita di orazione e devozione, la vita di comunione e di fraternità, l’evangelizzazione e la missione, la povertà e la minorità.

La sfida è di venire formati a questo progetto di fraternità attraverso una sorta di “contagio fraterno”, cioè la testimonianza della vita.

Il fine: Formare ad una fraternità ecclesiale. L’unico fine “concreto” di ogni vocazione (come ci ricorda l’esperienza di Francesco d’Assisi) è Costruire la Chiesa; Fare Chiesa (= Ecclesia “Chiamati dal mondo ad essere una cosa sola”).

Percorsi formativi dei Professi Temporanei

 

I criteri, contenuti e obiettivi formativi messi in atto, sono quelli indicati dalla Ratio Formationis Franciscanae dell’Ordine e dagli altri documenti. Qui evidenzio alcune linee formative in chiave francescana che orientano il progetto formativo della nostra Casa di Studentato:

 

  1. Conoscere il proprio cuore. Guardare se stessi di fronte a Dio rende umili e fa accettare la propria creaturalità. Nella seconda Ammonizione Francesco ci ricorda che dall’orgoglio nascono tutti i peccati (FF 146-147). Se il formando ha un atteggiamento umile (il mettersi in discussione, la docilità, l’accettare fragilità e limiti), lentamente anche le altre virtù crescono nel cuore. Per conoscere il proprio cuore occorre imparare a stare nella solitudine: habitare secum. Solo se si impara a stare nella solitudine si può vivere in fraternità. Se la fraternità copre la paura della solitudine, diventerà poi il “capro espiatorio” di tutte le insoddisfazioni.

 

  1. Scoprire sempre di più e sempre meglio il vero Volto di Dio. Ogni uomo modella la propria vita a seconda dell’immagine di Dio che si porta dentro.

Il munus formativo è far crescere il formando nello spirito di docilità verso i formatori e verso la fraternità e nello spirito di reciprocità nei confronti dei confratelli formandi e dei poveri. Ambiti da tenere sempre presenti sono i seguenti:

 

  1. Promuovere le relazioni fraterne per creare e vivere in una fraternità senza discriminazioni (né maiores, né minores), né dipendenti, né ribelli. Coniugare i due codici – materno e fraterno – evita una fraternità di indifferenti, in cui predomini la chiusura all’autoreferenzialità. Lo spazio in cui si può vivere la meta più ardua e più elevata di ogni maturazione umana è la relazione fraterna.
  2. Abbracciare il lebbroso. Francesco supera la paura e il rifiuto del suo cuore… dopo questa esperienza Francesco non avrà più chiusura per nessun fratello. Il formando deve apprendere che solo dopo essersi consegnato al Signore (rischio da correre, scelta di morte da accogliere) avverrà il miracolo della trasformazione dell’amarezza in dolcezza (si leverà il canto della pienezza e novità di vita).
  3. I Consigli Evangelici in chiave relazionale. Obbedire per Francesco significa amare: nelle Lodi alle virtù, ubbidienza e carità si proteggono reciprocamente (FF 256). I frati si ubbidiscono perché si amano. La fraternità è il luogo in cui si apprende e si realizza la vera obbedienza. Anche il dono della castità va compreso e custodito all’interno della relazionalità fraterna (amore che custodisce e che non si appropria, non domina e non controlla l’altro). Sulla povertà, Francesco racconta che ha imparato la misericordia dai e con i poveri. La povertà necessaria è certamente quella del cuore, ci ricordano le Ammonizioni. E quella fisica ne è una declinazione, controversa forse, ma certamente necessaria, per non perdere di vista la propria condizione di fratelli che accolgono gli ultimi.
  4. Applicare il principio di circolarità. Francesco intuisce questo principio e ne dà una concreta dimostrazione nell’episodio del Lupo di Gubbio (FF 1852). Accade spesso che chi vive con gli altri è portato a dare all’altro la responsabilità di ciò che accade. Il principio della circolarità apre una prospettiva nuova e più efficace per ricomporre i conflitti: riflettere sul proprio comportamento, per scoprire la parte di colpa, e sulle reazioni dell’altro per scorgere la parte di ragione del fratello, apre spazi di dialogo.
  5. Un importante strumento per formare, rimane il dialogo, attraverso il quale il formatore esplicita il suo compito di prendersi cura (particolare valore acquista il dialogo della correzione fraterna).
  6. La dimensione creaturale e relazionale del lavoro (FF 119). Francesco ci aiuta a cogliere tante sfumature della “grazia del lavoro”: Si lavora perché si è creature e si ha bisogno di mangiare; si lavora perché i poveri lavorano, non vivono di rendite; si lavora “per dare l’esempio e tenere lontano l’ozio” (FF 119); si lavora perché il frutto possa essere condiviso con i fratelli che non hanno questa grazia di lavorare.
  7. Nel Mistero Pasquale, si consuma la sfida di ogni relazione, poiché in esso Cristo ci dona l’amore al nemico come cuore dello “stile relazionale ospitale” di Dio e frontiera relazionale per ogni uomo (e per ogni fraternità). Vivere l’Eucarestia come “guarigioni delle ferite del cuore”, come manuale di relazioni umane (entrare nel mistero della crescita relazionale).
  8. Maria diventa, nella formazione, colei che accoglie come madre, condivide come sorella, appassiona come donna. Senza Maria non è possibile la fraternità, perché è la madre che rende “materno” – come voleva Francesco (FF 91) – l’affetto fraterno, invitando i figli a capirsi e comprendersi. 

 

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L'origine del santuario è legata ad una tradizione popolare che vuole che in un sabato di Quaresima del 1436, un pastore del luogo ritrovò la sua pecorella smarrita inginocchiata davanti all'immagine della Vergine, dipinta su un muro. Una volta che la notizia si diffuse per il paese una folla di fedeli e curiosi salì sulle balze del M. Muto decidendo, di lì a poco, di erigere un tempio alla Vergine Maria.
All'origine era solamente l'abside con l'affresco della Madonna a braccia aperte protetta dal Dio Pancreator. Durante il Rinascimento all'abside fu unita la chiesa attuale e durante il '600 vi si aggiunsero accorgimenti architettonici in stile barocco, che furono eliminati nei restauri del 1934 ritornando, così, allo stile originario.
L'ingresso possiede un lineare portale in travertino, mentre all'interno si può notare un pregevole coro ligneo e nelle cappelle laterali i vari santi francescani: San Francesco, San Pasquale Baylon, San Giovan Giuseppe. E ancora lapidi funerarie di nobili locali tra le quali spicca quella della famiglia Sanseverino. Ma il vero centro di interesse rimane l'abside, dichiarata Monumento Nazionale nel 1926.
Verso il 1450 si formò la confraternita che presto divenne proprietaria sul posto di boschi e armenti. Innocenzo VIII, con bolla del 1487 Piis fidelium votis, su richiesta di Onorato Gaetani, vi creava la cappellania: sei sacerdoti — scelti dal signore di Piedimonte col consenso dell’Università — abitarono in un gran fabbricato costruito negli anni 1490-95, adiacente alla chiesa, oggi detto Beneficenza. La costruzione fu completata nel 1504. I cappellani non soddisfecero gran ché alle aspettative del pubblico, e nel 1611 vennero al loro posto i Servi di Maria, che vi durarono un anno.
Tornarono i cappellani, e vi si mantennero altri sessant’anni. Finalmente i due compatroni, iGaetani e il Comune, il 21 luglio 1674, concessero  il santuario in uso perpetuo ai frati francescani alcantarini. Era stato il governatore di Capua, D. Nicolò Gascón y Altava, che in visita al duca Gaetani, avendo domandato del santuario, aveva proposto i pii religiosi spagnoli.
Verso la metà di luglio accompagnati dal duca, dalle autorità locali, dai domenicani, dai carmelitani e da una grande folla di fedeli, arrivarono i primi francescani guidati dal Provinciale P. Giovanni di S.Maria, erano in dodici e tra essi già c'era il novizio Giovan Giuseppe della Croce. Chiusi nel freddo caseggiato si misero subito all'opera e dopo soli due anni passarono al nuovo convento. Il loro stile di vita era improntato sul lavoro e la preghiera e per questo rinunziarono anche alle rendite della chiesa, sicché non avevano nemmeno i soldi per pagarsi il medico. Questa vita così raccolta e piena di sacrifici, dovuta anche all'ostilità dei cappuccini presenti, li fece entrare nel cuore dei piedimontesi.
P. Giovanni di S. Maria, il loro primo maestro, era il nobile spagnuolo Gaspare Muñoz de Valeria dei baroni di Las Beves, ed era una grande personalità. Era stato paggio del Viceré, poi integro funzionario, e, ventisettenne, era entrato nella riforma alcantarina. Dopo la sua sosta sul M.Muto divenne consigliere dei papi Innocenzo XI e Alessandro VIII, vescovo di Solsona in Aragona, familiare della Real Casa, Presidente della Deputazione d'Aragona e Ambasciatore a Vienna. Il fatto che sul punto di morire donasse 500 duc. per far edificare la Cappella a S. Pietro d'Alcantara proprio qui, sul M. Muto, fa capire come questo uomo così conosciuto in tutta Europa avesse sempre nella sua mente i suoi giorni trascorsi su quest'eremo.
Gli successe il mistico S. Giovan Giuseppe della Croce, al secolo Carlo Gaetano Calosirto, nato ad Ischia il 15 agosto 1654, che fin da piccolo apprezzò il gusto della meditazione.
Novizio a Piedimonte, il 18 settembre 1677 fu ordinato sacerdote nella chiesa di S. Maria.
Seppure a tratti rimase tra noi per quasi vent'anni. Fu per anni il Maestro dei novizi. Durante la sua permanenza ed anche dopo la sua morte l'eremo bianco di San Pasquale fu un vero faro della spiritualità. Qui scrisse un Trattato di teologia morale e sempre qui manifestò poteri di chiaroveggenza, levitazione e taumaturgia. Fu successivamente Definitore e Provinciale, morì a Napoli, in aria di santità, il 5 marzo 1734. Beatificato nel 1789 da Pio VI fu successivamente proclamato santo da Gregorio XVI nel 1839.
Nell'ottobre del 1822 entra nel convento Fra Modestino da Frattamaggiore che diventerà, cinque anni dopo, Padre Modestino di Gesù e Maria. Morirà a Napoli nel 1854. L'11 marzo 1891 il papa Leone XIII gli concede il titolo di Venerabile e, oggi, è in attesa di Beatificazione.

 

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I frati vivano in questo mondo come fautori della giustizia, araldi e operatori di pace, vincendo il male ed operando il bene.

"Mentre annunciano la pace con la bocca, i frati la mantengano nell’intimo del cuore, cosicché nessuno sia provocato all’ira e allo scandalo, ma tutti, per mezzo di loro, siano richiamati alla pace, alla mitezza e alla benevolenza" (CCGG 68).

"Seguendo le orme di san Francesco, i frati mostrino un senso di riverenza verso la natura, oggi minacciata da ogni parte, per renderla integralmente fraterna ed utile a tutti gli uomini, a gloria di Dio Creatore" (CCGG 71).

"Nel prossimo sessennio (2009-2015) e con l’aiuto dell’Ufficio di GPIC, tutte le Entità dell’Ordine si impegnino ad esaminare l’impatto sulla creazione del nostro stile di vita, specialmente per quanto riguarda il cambiamento climatico, e promuovere la giustizia ambientale per mettere in risalto la relazione tra le tematiche sociali e quelle ecologiche" (Capitolo Generale OFM 2009, Mandato 43. 2)

Sono esortazioni fondamentali che dobbiamo considerare utili e che ci vengono poste dall’attinente vasto panorama di documenti, che l’Ordine presenta.
Nel mondo così esigente di ripresa ecologica, economica ed etica, noi frati minori dobbiamo essere veri evangelizzatori e propositori di una vita che difende il creato spirituale, umano ed ecologico che Dio ha posto nelle nostre mani.
Quella di Giustizia e Pace è una identità che nasce istituita dalla Chiesa cattolica, frutto del Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 90), voluta da papa Paolo VI nel 1967, per promuovere la giustizia e la pace secondo il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa, lavorando affinchè codesta dottrina si diffonda ampiamente e si applichi tra le persone e la comunità. Raccoglie informazioni e risultati di analisi circa la giustizia e la pace, lo sviluppo dei popoli e le violazioni dei diritti umani, le comunica al resto della Chiesa e stimola le relazioni con le associazioni cattoliche internazionali e con la altre istituzioni, anche laiche, che lavorano per la promozione degli stessi valori. Si impegna affinchè tra i popoli si crei una sensibilità nella promozione della pace, specialmente in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la Pace (1 Gennaio).
GP ha per fondamento la spiritualità biblica. Nella Bibbia troviamo il progetto di Dio, che Gesù ha chiamato Regno di Dio: la terra sia una casa per tutti, nella quale tutti, uomini e donne, vivano in pienezza, con la dignità con cui sono stati creati (immagine di Dio), in comunione di vita con Dio, con i propri simili e con tutto il creato, anch’esso oggetto della redenzione di Cristo e chiamato alla pienezza. Questa è la missione di Dio, per la quale Gesù ha donato la propria vita e per la quale lo Spirito Santo continua la sua opera. Questa è anche la missione della Chiesa, nostra maestra. Per tale missione, la realizzazione del Regno, occorre una conversione religiosa, interpersonale, politica e, come ha detto Giovanni Paolo II, una conversione ecologica. Dio ama, la risposta dell’uomo a Lui, deve concretizzarsi nel praticare la giustizia, amare con tenerezza, camminare umilmente con Lui (cfr. Mi 6,8).

Dunque, ciascun francescano sappia rendersi attento, sappia ascoltare, si renda sensibile e si impegni nel divenire promotore di stili di vita che si configurino agli insegnamenti di Gesù e di San Francesco di Assisi. Dio, nella sua conformazione trinitaria, mostra che la vita è relazione e diviene autentica quando si concretizza in comportamenti condivisi che si evolvono nel dono. Se vogliamo che l’uomo, la società, siano plasmati secondo la Parola del Signore dobbiamo comprometterci, cioè agire e interagire, vivere nella dinamica della sequela.
Lo stile di vita che ci insegna Gesù è spendere se stesso per le vite altrui, questo in una dimensione di azione comunitaria. San Francesco ha imparato bene questa lezione tanto da esser stato il più grande promotore della fraternità e della fratellanza universale.
La nostra è una società tremendamente disabilitata nel saper vivere l’attenzione verso gli altri, tutto è in funzione di un uso che riporti un ambìto e profiquo tornaconto. Anche la nostra mentalità si sta infettando e la predisposizione alla novità, ai cambiamenti, alla coerenza, al bene crolla.
Come cristiani siamo chiamati a rendere feconda la nostra fede, recuperando in profondità il nostro essere creatura.
Di fronte all’atteggiamento di sentirsi artefici e arbitri della vita e della morte, San Francesco, con la sua esistenza povera e umile, ci a iuta a far memoria della nostra condizione di creature e della bontà infinita del Creatore. Nel suo “Cantico delle Creature”, oltre che a trovare una straordinaria sensibilità artistica, percepiamo la logica dell’uomo che vive in armonia con il mondo fisico e spirituale, tenendo conto con rispetto e riguardo di tutto ciò che è intorno e dentro di se.

COMMISSIONE GIUSTIZIA, PACE E INTEGRITA’ DEL CREATO
ORGANISMO CONGIUNTO DELL’UNIONE DEI SUPERIORI GENERALI
E DELL’UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORE GENERALI
USG/UISG

1. ORIGINE

La commissione Giustizia, Pace e Integrità del Creato (JPIC) affonda le radici nella Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo GAUDIUM ET SPES, del Concilio Vaticano II, e nel Sinodo dei Vescovi sulla Giustizia nel mondo (1971). Si formalizza come gruppo di lavoro congiunto dell’ USG/UISG nel 1982 e assume il suo nome attuale in lingua latina, Justitia, Pax et Creationis Integritas, da cui deriva la sigla JPIC che rimane invariata nelle varie lingue.

2. VISIONE

Promuovere e appoggiare l’integrazione della JPIC nella vita e nella missione degli Istituti religiosi, membri dell’ USG/UISG, in coordinamento con i Superiori e le Superiore generali, i loro consigli o équipe di governo e i/le religiosi/ e promotori di JPIC.

3. OBIETTIVI

a) Informazione
Aggiornamento costante sulla realtà del mondo nell’ambito della JPIC.
b) Condivisione
Scambio progetti, esperienze, documenti, sussidi tra gli Istituti religiosi.
c) Formazione
Creazione spazi per l’approfondimento di aspetti riguardanti la JPIC, orientati all’abilitazione in questo campo.
d) Azione
Appoggio e/o promozione di campagne orientate a debellare le cause dell’ingiustizia e della violazione dei diritti umani.

4. COMPOSIOZIONE

La Commissione è costituita da:
. due copresidenti, un superiore generale dell’USG e una superiora generale dell’UISG, nominati dal Consiglio esecutivo delle rispettive Unioni.
. il segretario generale dell’USG e la segretaria generale dell’UISG.
. un rappresentante del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace
. il direttore del Servizio Documentazione e Studio degli Istituti religiosi missionari (SEDEOS)
. il segretario esecutivo della Commissione JPIC
. altri quattro superiori/e generali, due per ciascuna Unione
. quattro o sei religiosi, due – tre da ciascuna delle Unioni, Promotori e promotrici di JPIC nei loro Istituti.

5. COMITATO ESECUTIVO

Il Comitato Esecutivo svolge un lavoro di riflessione e di animazione per quanto riguarda la realizzazione dei progetti o programmi della Commissione.

6. COMITATI E GRUPPI DI LAVORO

La commissione stabilisce Comitati specifici per portare avanti compiti particolari relativi ai propri obiettivi. Così pure sostiene la formazione di gruppi di lavoro per affrontare particolari questioni di JPIC. Attualmente ci sono i seguenti gruppi:
. contro il traffico di persone, specialmente donne e bambini
. ecologia
.Africa

7. RADUNI DELLA COMMISSIONE

La Commissione ordinariamente s’incontra due volta all’anno, ma può convocare un incontro straordinario a richiesta del comitato esecutivo dell’USG/UISG, oppure di uno di alcuni della Commissione stessa.

8. LAVORO IN RETE

La commissione è in rete con organismi e associazioni che lavorano per la JPIC a livello internazionale: il Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, il Servizio di Documentazioni e Studio degli Istituti religiosi missionari (SEDOS), la rete per la Pace (CIPAX), e le ONG di ispirazione cattolica, il comitato ONU per la decade interreligiosa per la pace.

9. MATERIALI E SUSSIDI

La Commissione e i/le religiosi/e promotori/trici di JPIC offrono materiale elaborati e tradotti in varie lingue.

10. SEGREATARIO ESECUTIVO DELLA COMMISSIONE JPICI

Il segretario esecutivo, nominato dalla Comitato esecutivo dell’USG/UISG, svolge un’attività permanente di animazione e di coordinamento.

UFFICIO
Via Aurelia, 476 – 00165 ROMA
Tel./Fax: 06/662.29.29
E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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PROMOTORI DI GIUSTIZIA E DI PACE
Costituzioni Generali

Art. 68
1. i frati vivano in questo mondo come fautori della giustizia, araldi e operatori di pace, vincendo il male ed operando il bene.
2. Mentra annunciano la pace con la bocca, i frati la mantengano nell'intimo del cuore, cossicché nessuno sia provocato all'ira e allo scandalo, ma tutti, per mezzo loro, siano richiamati alla pace, alla mitezza e alla benevolenza.

Art. 69
1.Nel difendere i diritti degli oppressi, i frati, rinunciando ad ogni azione violenta, ricorrano ai mezzi che d'altra arte sono a disposizione anche dei più deboli.
2. consci altresì degli atroci pericoli che minacciano il genere umano, i frati denuncino fermamente ogni specie di guerra e la corsa agli armamenti, come piaga gravissima per il mondo e la più grande offesa dei poveri, non risparmiando fatiche e pene per costruire il Regno di Dio della pace.

Art. 70
Liberi dalla paura per la povertà che hanno scelto, e vivendo gioiosamente per la speranza fondata sulla Promessa, nonché promuovendo la reciproca accettazione e la benevolenza tra gli uomini, i frati siano strumento della riconciliazione operata dalla Croce di Gesù Cristo.

 

PERFETTA LETIZIA SITO UFFICIALE

 

 

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La Chiesa di Santa Maria del Sepolcro venne fatta costruire con tutta probabilità dal potente ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, meglio noti come Templari, il cui compito era quello di assistere i pellegrini diretti in Terra Santa.

Il Casale del Santo Sepolcro venne costruito a nord di Potenza, all'incrocio tra la via Erculea e la via Appia Nuova, vie di passaggio dei pellegrini diretti a Gerusalemme, in una zona denominata Santa Maria.

Nel 1312 soppresso l'ordine dei Templari, il Casale con annessa Chiesa passò sotto la giurisdizione del Vescovo di Potenza, Guglielmo, che se ne prese cura e vi aggiunse la denominazione "Santa Maria" forse per l'esistenza nella zona di una cappella o icona dedicata alla Madonna oppure per ingraziarsi gli abitanti del posto.


Quando Alfonso d'Aragona assegnò il feudo di Potenza ai Conti De Guevara, questi cambiarono radicalmente volto all'intero territorio e intrapresero nel 1488 la ristrutturazione dell'antica chiesa alla quale affiancarono un convento, affidato all'Ordine dei Francescani.

Nel 1656 il Vescovo di Potenza, Mons. Claverio, fece costruire uno pregevole altare barocco sulla parte destra della navata della Chiesa, con al centro un tabernacolo dove solennemente ripose la reliquia del Preziosissimo Sangue: una zolletta di terra imbevuta del Sangue di Cristo.

Esternamente la Chiesa è preceduta da un portico con tre archi, ciascuno con stipiti, capitelli e archivolto in pietra lavorata.
La facciata presenta un grande oculo centrale, in origine era affiancata da un campanile, purtroppo frettolosamente demolito nel 1959.

L'ingresso principale della Chiesa è costituito da un bel porticato con semplici modanature in pietra, sormontato da una lunetta con un affresco seicentesco rappresentante la Deposizione, racchiuso in una cornice di gusto gotico-catalano.

L'interno della Chiesa è a due navate, quella laterale sinistra fa parte di un successivo ampliamento del XVII secolo, a cui risale anche lo splendido soffitto a cassettoni in legno policromo intagliato e dorato, fatto realizzare dal Vescovo Claverio.

Uno degli aspetti più interessanti della Chiesa di Santa Maria del Sepolcro è costituito dai caratteristici motivi architettonici gotico-catalani: è possibile apprezzarli nell'arco trionfale, che presenta partizioni in pietra accompagnate da motivi floreali e zoomorfi, ed anche nell'abside a pianta poligonale con sottolineature in pietra agli angoli e volta a lunette.
Alla fine degli anni '60 la facciata della Chiesa fu riportata allo stile originario con un pronao a tettoia spiovente e tre archi a tutto sesto.

Contemporaneamente a questi lavori venne edificato l'attuale convento della fraternità francescana dei minori.

Nel 1984 venne data una nuova e suggestiva sistemazione al presbiterio grazie all’opera di Padre Tarcisio Manta, ofm.

 

La Chiesa custodisce alcune pregevoli opere d'arte, tra queste:

- l’Immacolata con San Francesco d’Assisi e San Rocco, risalente alla seconda metà del XVI secolo, di scuola raffaellesca, che ritrae la Vergine dolcemente avvolta in una mandorla di nubi e luce;

- la Madonna delle Grazie del 1582, assai verosimilmente opera di un artista locale di vena manieristica, raffigurante la Vergine al centro con il Bambino Gesù e il piccolo Giovanni Battista, ai lati San Francesco d'Assisi e San Patrizio Vescovo;

- l'Adorazione del Pastori, risalente al XVII secolo, opera di Giovanni Ricca, tela di gran pregio artistico la cui vera protagonista è la luce che fa emergere dalla penombra le immagini della Sacra Famiglia e dei due angioletti.

 

Di recente, la Chiesa, già adorna di stupende ed importanti opere d'arte, si è arricchita di una statua lignea di pregevole fattura dedicata a Santa Maria del Sepolcro.

 

Sito Santa Maria del Sepolcro

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I Frati Minori in Calabria

Quando San Francesco di Assisi si rese conto del continuo e meraviglioso aumento numerico dei suoi figli e seguaci ritenne opportuno, nel Capitolo Generale del 1217, dividere in Provincie, l’Ordine o Istituto dei Frati Minori (cioè fratelli che tendono a realizzare al meglio possibile una vera fraternità e a vivere in umiltà, da minori).
Nel primo elenco delle Provincie dell’Ordine la Calabria figura al sesto posto, avendo annessa a sé anche la Sicilia.
Il primo Ministro, cioè superiore provinciale, in Calabria fu il Beato Pietro Catin, marchigiano, discepolo di San Francesco, inviato dal santo Fondatore insieme con un altro discepolo il Beato Perio da Crotone.
7MartiriBen presto giovani entusiasti e generosi abbracciarono l’ideale del Poverello d’Assisi, si sparsero in vari centri della regione e sette frati, partiti come missionari, coronarono la loro vita con la gloria del martirio. Essi sono: San Daniele Fasanella da Belvedere Marittimo, Ministro Provinciale, Sant’Ugolino da Cerisano, San Nicola Abenante e San Leone Somma da Corigliano Calabro, San Samuele Iannitelli, Sant’Angelo Tancredi e San Donnolo Rinaldi da Castrovillari, quest’ultimo frate non Sacerdote come Sant’Umile da Bisignano solennemente canonizzato il 19 maggio 2002.
Questi martiri furono uccisi per la fede a Ceuta nel Marocco il 10 Ottobre 1227. Da allora in poi la Provincia Minoritica di Calabria fu denominata dei Santi Sette Martiri che essa venera come celesti protettori.
Il seme portato da Assisi a poco a poco cresce e si sviluppa in modo stupendo: fioriscono nei vari centri abitati diversi conventi, la cui erezione è richiesta a gara da nobili, popolani ed ecclesiatici.
Il grande storico francescano Luca Wadding riferisce, nei suoi “Annales”, che già nel 1260 in Calabria vi erano quattro Custodie e in un documento della prima metà del sec. XIV sono riportati i nomi dei conventi raggruppati nelle quattro Custodie:


1. CUSTODIA DI REGGIO: con Reggio, Gerace, Seminara, Nicotera, Tropea, e Monteleone (oggi Vibo Valentia);
2. CUSTODIA DI CROTONE: con Crotone, Catanzaro, Squillace e Nicastro;
3. CUSTODIA DI CASTROVILLARI: con Castrovillari, San Marco Argentano, Corigliano Calabro e Scalea;
4. CUSTODIA DI COSENZA (=val del Crati): con Cosenza, Bisignano, Martirano e Amantea.

Già nel primo secolo di sua vita la Provincia dovette lottare, e non fu la sola, per superare una crisi che minacciava di disgregarla.
L’Ordine Florense, fondato da “il Calavrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato” suscitò molto entusiasmo e fervore: la profezia secondo la quale nel 1260 sarebbe avvenuta la fine del mondo, spinse molti frati minori ad abbracciare l’Ordine di Gioacchino da Fiore per meglio prepararsi alla fatidica data.
I superiori, per evitare che i conventi si svuotassero, chiesero l’intervento del Papa che non indugiò a rispondere all’appello emanando decreti con i quali si proibiva espressamente il passaggio da un Ordine all’altro.
Nel frattempo si comincia a sentire, da parte dei frati, l’esigenza di osservare meglio la Regola francescana, si diffonde cioè anche in Calabria il movimento detto dell’Osservanza (primi decenni del secolo XV).
Il primo Vicario provinciale per la Puglia e la Calabria, il Beato Tommaso da Firenze, suscita entusiamo e fervore, chiede ed ottiene case religiose per i frati dell’Osservanza.
Dopo il convento di Mesoraca, in passato dei Basiliani, altri furono ceduti agli Osservanti nella regione tanto che nel Capitolo provinciale di Nicastro del 1580, presieduto dal Ministro Generale Padre Francesco Gonzaga, la Provincia, per l’elevato numero dei conventi (43) e di frati (520), per la fisiologia della regione stessa, montuosa e disagiata per le vie di comunicazione, e per diverse altre cause, fu scissa in due provincie religiose: quelle di Calabria Citra e di Calabria Ultra.
In uno dei conventi di Calabria Citra, San Marco Argentano, i frati ebbero la gioia e il vanto di ospitare per un anno l’uomo che avrebbe più di tutti illustrato per santità la terra di Calabria: San Francesco di Paola.
Altro vanto non indifferente per i frati di Calabria è quello di aver dato origine, in grembo alla loro famiglia religiosa, a quel vasto movimento di riforma che diventerà poi l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.
Questi riconoscono infatti nei due ex Osservanti Padre Ludovico Comi e Padre Bernardino Molizzi da Reggio Calabria gli iniziatori del loro movimento che darà poi all’Ordine e alla Chiesa uno stuolo glorioso di santi.
A proposito di santi francescani calabresi, rileviamo come il Martirologio dell’Ordine, oltre San Daniele e compagni Martiri, il Beato Pietro Catin e il Beato Perio da Crotone, già menzionati, elenca un’altra ventina di Beati fioriti lungo i secoli fino al 1600.
Ma nell’ambito della santità non vi sono confini: il “Siate perfetti” del Cristo trova sempre anime generose. E così anche in Calabria prende piede e si sviluppa ampiamente il movimento della “più stretta Osservanza” che poi si chiamerà “Serafica Riforma”.
In breve tempo i Riformati furono invitati in molti paesi grandi e piccoli e vennero eretti numerosi conventi.
Quando nel 1639 il Papa Urbano VIII con la bolla “Iniucti nobis”elevò a provincie tutte le custodie riformate, in Calabria si costituirono due provincie riformate: quella di Calabria Citra e quella di Calabria Ultra.
Così i frati lavoravano per il bene spirituale della popolazione che tanto li apprezzava oltre che per la propria santificazione. Molti emersero per bontà e dottrina: per 34 religiosi della Provincia di Calabria Ultra troviamo notizie ed elogi in un manoscritto del 1740 che si conserva nell’Archivio generale a Roma.
Nel secolo XVII rifulse per santità un frate, beatificato solennemente dal Papa Leone XIII nel 1882: Umile da Bisignano, altra fulgida figura dell’Ordine e della Provincia di Calabria che ai nostri giorni ha raggiunto il massimo della glorificazione terrena con la canonizzazione in Piazza San Pietro, da parte del Beato Papa Giovanni Paolo II, il 19 maggio 2002.
Le due provincie minoritiche di Calabria Ultra, quella Osservante e quella Riformata, tanto fiorenti e rigogliose di opere e religiosi, subirono un colpo terribile a causa del disastroso terremoto del 1783. Diversi conventi furono rasi al suolo, quasi tutti subirono gravissimi danni, diversi frati rimasero sepolti sotto le macerie.
La Provincia Osservante, in pratica, scompare da quell’anno: l’unico convento superstite, quello di Polistena, viene incorporato nella Provincia Osservante di Calabria Citra.
Ma non finirono con il terremoto i guai per le due provincie di CalabriaUltra. Subito dopo ci fu la soppressione borbonica che si protrasse fino al 1799. Nel cosiddetto “decennio francese” vennero nuovamente soppressi tanti conventi non solo in Calabria Ultra ma anche in Calabria Citra.
Passata questa bufera i religiosi si diedero da fare per guadagnare il terreno perduto: cercarono di restaurare e di riattivare i conventi una volta tornati in loro possesso e ne accettarono anche di nuovi.
Alla ricostruzione materiale dei conventi nelle tre Provincie fu unita la preoccupazione di formare spiritualmente e culturalmente i frati: l’impegno non fu scarso e vano se si guarda ai frutti che maturarono in seguito.
Infatti le tre Provincie diedero non solo tre Definitori e un Segretario generali ma anche due pastori alla Chiesa: Padre Luigi D’Agazio da Soriano, Vescovo di Trivento (CB) che partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano I e morì il 1° Febbraio 1887, ed il Padre Francesco Converti, Arcivescovo di Reggio Calabria, morto il 1° Maggio 1888.
Inoltre non possiamo non ricordare come la Calabria ha dato all’Ordine un Ministro Generale, Padre Bonaventura Poerio da Taverna, che ha governato l’Ordine dal 1694 al 1697, anno in cui fu eletto Arcivescovo di Salerno, dove morì nel 1735. Altri frati secondo lo storico calabrese Padre Fiore, morto nel 1683, una quindicina, ebbero posti di alta responsabilità nell’Ordine e, un’altra quindicina, nella Chiesa come Legati della Santa Sede, Nunzi Apostolici, Arcivescovi e Vescovi.
Il 1866, anno della soppressione generale, fu un’altra tremenda sventura per la già provata vita religiosa: tutti i conventi chiusi, i frati allontanati anche con la forza dalle case religiose, sofferenze di ogni genere, soprattutto morali.
Dopo questa catastrofe, a poco a poco, lentamente, i religiosi si ripresero anche con sacrifici inauditi. Le tre provincie erano risorte, nonostante che la ripresa si presentasse faticosa e piena di incognite.
Maturava intanto un’altra data storica per tutto l’Ordine Serafico: il 4 ottobre 1897 Papa Leone XIII emanava la Bolla "Felicitate Quadam" con la quale, tolta ogni distinzione anche di nome, i frati venivano unificati con il semplice appellativo di Frati Minori, senza alcuna aggiunta, così come erano stati chiamati dal loro Fondatore.
In Calabria l’attuazione pratica della Bolla papale viene sancita con Decreto del Ministro Generale del 24 luglio 1898: le tre provincie sono ridotte ad una; il primo superiore è il Commissario Padre Sisto Paoleschi della Serra Pistoiese. Si contavano riaperti 17 conventi.
Nel luglio 1906 alla Calabria viene aggregata anche la Provincia Minoritica della Basilicata. È con fervore intenso che si cerca di promuovere lo sviluppo della vita francescana: si dà un grande incremento alle vocazioni, si cura molto il colleggio serafico, stabilito a Pietrafitta.
La prima Guerra Mondiale vede impegnati nei vari campi diversi frati, alcuni caduti nella mischia, altri sopravvissuti, ricevettero onorificenze e medaglie al merito.
Nei decenni successivi alla Guerra, fanno onore alla Provincia illustri religiosi: Padre Domenico Franzè da Soriano, valente medico, fecondo e applaudito oratore, che fu il primo sacerdote in Italia a presentare il Vangelo, via radio, con molto successo e per tanti anni.
Molte volte lo sostituì pure con successo, nello stesso compito, un altro degno frate di Calabria, Padre Innocenzo Schipani da Mesoraca, esperto latinista dell’Ordine francescano e stimato docente di lingue orientali nel Pontificio Ateneo Antoniano, in Roma.
Saggio uomo di governo fu Padre Cristoforo Carullo da Stefanaconi, più volte Ministro Provinciale e poi Arcivescovo di Conza.
Figura distinta e di prestigio è pure il confratello Mons. Tarcisio Domenico Cortese, ripetutamente Ministro Provinciale, che nel 1979 divenne Vescovo emerito di Mileto, Nicotera e Tropea.
Altri appuntamenti con i sacrifici, le prove, le sofferenze la Provincia li ebbe nella seconda Guerra Mondiale. Nel settembre 1942, infine, ha termine la pluridecennale convivenza con i frati della Basilicata i quali, da quell’anno vengono aggregati alla Provincia religiosa di Salerno.
Nel Settembre del 1952 viene celebrato con solennità il 50° di fondazione del Seminario serafico di Pietrafitta che, ampliato e completato qualche anno prima, poteva accogliere più di cento fratini.
Dal 1927 una pubblicazione mensile, Germogli Serafici, tiene i contatti tra il Seminario e i religiosi, i benefattori, le mamme serafiche, le zelatrici, gli ex-fratini e con tanti nostri emigranti all’estero.
La nostra Provincia abbraccia tutta e sola la regione calabrese. Ha la sede in Catanzaro ivi trasferita da Tropea nel 1951.
Le case religiose le abbiamo a: Bisignano, Commenda di Rende, Cosenza, Cutro, Lorica, Mesoraca, Pietrafitta, Reggio Calabria, San Marco Argentano, Siderno, Stalettì, Terranova da Sibari, Tropea. Il numero dei frati è sulla cinquantina. Ad essi vanno aggiunti i frati provenienti dalla Provincia religiosa di Venezia che svolgono il loro apostolato a Bovalino e dintorni.
Tra i santuari più importanti da noi curati segnaliamo quello di Sant’Umile da Bisignano dove il santo nacque e morì e dove riscuote una venerazione straordinaria.
Come oasi di pace per il corpo e per lo spirito si possono considerare i tre Santuari della Passione del Signore che da secoli ci sono stati affidati e sorgono tutti nel crotonese:
- Il SS. Crocifisso di Cutro, dichiarato monumento nazionale, in cui si venera uno dei più riusciti crocifissi scolpiti in legno da fr. Umile da Petralia, religioso tra l’altro molto pio ed artista ammirevole;
- La Sacra Spina presso Petilia Policastro, santuario temporaneamente affidato all’arcidiocesi di Croton-Santa Severina: nella Chiesa si ammirano quadri di rinomati pittori e un tabernacolo ligneo grandioso;
- Il SS. Ecce Homo in Mesoraca, perla dei santuari francescani in Calabria: un mirabile busto di Cristo paziente, opera di fr. Umile da Petralia, attira numerosi pellegrini durante l’anno. La Chiesa è meravigliosa, restaurata recentemente, con quadre di valore e una statua marmorea della Madonna del Gaggini.
Le chiese di numerosi conventi, nell’ultimo quarantennio, sono state erette a parrocchie perciò gran parte del lavoro i frati lo svolgono nelle attività pastorali più svariateche richiedono le parrocchie ai nostri giorni.
Altre attività specifiche che impegnano i frati, oggi come ieri, sono: la predicazione nelle sue svariate forme e alle più diverse categorie; il ministero delle confessioni nel quale tanti confratelli si applicano con pazienza, assiduità e competenza; l’accoglienza ai numerosi pellegrini dei nostri santuari, le Missioni al Popolo, la pastorale giovanile, l’assistenza da sempre alle numerose e nutrite fraternità dell’Ordine Francescano Secolare (OFS) e della Gioventù Francescana (Gi.Fra.), l’assistenza ai poveri, ai malati, ai carcerati ecc.


A cura di
Padre Agostino Piperno



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