Arrow
Arrow
Slider

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

Basilica Papale
di Santa Maria degli Angeli
in Porziuncola

Celebrazione eucaristica
nel decimo anniversario
del pio Transito di

PADRE
BERNARDINO DE VITA

Si terrà nella Basilica di Santa Maria degli Angeli:
Venerdì, 26 agosto 2016
alle ore 18.00

La celebrazione sarà presieduta da:
Padre Claudio Durighetto
Ministro Provinciale dei Frati Minori dell’Umbria

 

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

LE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE

IN SANT’UMILE DA BISIGNANO

di Emilio Salatino*

 


1. Introduzione

«È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di […] misericordia spirituale»: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Nella Sacra Scrittura la misericordia non è una semplice emozione, un brivido delle viscere al cospetto dell’altrui sofferenza; bensì un’acuta risonanza nella mia persona del soffrire degli altri,
che diventa, man mano, una prassi, una virtù. 

Spronato dalle chiare parole di Papa Francesco, ho iniziato a rileggere gli atti del processo di canonizzazione e le diverse biografie di sant’Umile da Bisignano.

Leggi tutto: Le opere di misericordia Spirituale in Sant’Umile da Bisignano
0
0
0
s2smodern
powered by social2s

RITORNO DI FRATE UMILE

NELLA SUA TERRA

(16 dicembre 2015)

 

“Maria Vergine Madre di Dio, io poverello, peccatore vi ringrazio infinitamente poiché vi sete degnata di raccogliere questi miei ossa in questa vostra Chiesa, persuadendomi grandemente, quanto sia la vostra cura di me, non solo custodirmi l’anima, ma anco conservarmi l’ossa di questo mio corpo: quale vivendo, havete permesso, e permetterete per sino alla morte, che sempre havesse la compagnia vostra Santissima statua, della quale continuamente io ne sono stato divoto”.

Frà Humile poverello di Bisignano

 

Leggi tutto: Ritorno di Frate Umile
0
0
0
s2smodern
powered by social2s

Formazione e Studi

Una Fraternità sorta per divina ispirazione,

chiamata ogni giorno a conversione e vita nuova,

per crescere come “Fraternità in missione”

 

I segni di vita nel campo della formazione e degli studi sono molti.

 

La formazione e gli studi sono stati una delle priorità su cui si è più lavorato negli ultimi decenni. La pubblicazione di documenti come Devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione (Capitolo VI delle Costituzioni generali, 1987), La formazione nell’Ordine dei Frati Minori (1971 e 1981), la Ratio Formationis Franciscanae (1991, rivista nel 2003), la Formazione permanente nell’Ordine dei Frati Minori (1995), la Ratio Studiorum OFM (2001), Orientamenti per la Cura Pastorale delle Vocazioni (2002), così come i vari Convegni Internazionali, che si sono occupati di questo tema[1], sono una chiara testimonianza dell’importanza che l’Ordine ha dato alla formazione e agli studi negli anni successivi al Concilio Vaticano II.

 

Questa riflessione, fatta insieme agli altri Istituti di vita consacrata, ci ha portato, tra l’altro, a concepire la nostra vita di Frati Minori in se stessa come un processo formativo che dura tutta la vita e che, quindi, «non cessa mai»[2]. Non si può così più parlare di fedeltà alla vocazione francescana, senza parlare necessariamente di un processo di formazione, che mai si considera terminato, né si può parlare di formazione, riferendosi solo ai primi anni della vita in Fraternità, alla formazione iniziale, come se la formazione fosse un mero processo pedagogico di preparazione ai voti solenni.

 

 

[1] Convegno dei Maestri dei Novizi (1988), Convegno dei Maestri dei Frati di professione temporanea (1990), Convegno dei Moderatori della formazione permanente (1994), Convengo dei Rappresentanti dei Centri di Studio OFM (1994), Convegno dei Maestri dei Postulanti (1995), Convegno degli Animatori per la Cura Pastorale delle Vocazioni (2000), Convegno dei Rettori di Università e dei Direttori dei Centri di Ricerca OFM (2001); II Convegno dei Maestri dei Novizi (2005).

[2] VC 65.

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

Evangelizzazione – Missione

Una Fraternità che si nutre del Vangelo

per offrire all’umanità, inquieta e in ricerca del senso della vita,

la Parola che è “spirito e vita”

 

Siamo stati chiamati ad evangelizzare. Esistiamo per la missione: «Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,14-15). Come Frati Minori che, spinti «per divina ispirazione» (Rnb 2,1) desiderano seguire questa vocazione, abbiamo abbracciato il Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo come «regola e vita» (Rb 1,2). Allo stesso tempo sentiamo che la nostra missione, come quella di Francesco, è di «riempire la terra con il Vangelo di Cristo»[1]. Seguendo «le orme del nostro Signore Gesù Cristo» (Rnb 1,2), scopriamo che la nostra missione è di vivere e proclamare la Buona Notizia ad ogni creatura umana, soprattutto ai poveri, ai prigionieri e ai ciechi (cf Lc 4,18-19)[2].

 

Parlare di evangelizzazione significa, quindi, parlare della nostra vocazione e della nostra ragion d’essere nella Chiesa e nel mondo. Unica è la missione: quella del Padre che invia il Figlio e quella del Figlio che invia i suoi (cf Mt 10,1ss). Come battezzati e come francescani siamo inviati, per la forza dello Spirito Santo, a vivere e proclamare il Vangelo, condividendo la missione affidata a tutta la Chiesa: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28,19).

 

Se la missione non è una semplice attività della Chiesa ma appartiene al suo stesso essere, l’evangelizzazione non può essere considerata come un compito in più nella vita di una comunità francescana, bensì come il suo compito, in cui si esprime in profondità la sua vocazione cristiana.

 

L’evangelizzazione non è una missione che dobbiamo svolgere, ma la missione per la quale esistiamo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16).

 

È innegabile che nell’Ordine abbiamo una ricchezza immensa di presenza e di azione evangelizzatrice tipicamente francescana. In molte Entità si sta facendo uno sforzo degno di ogni lode per creare vere Fraternità evangelizzatrici. In generale si può dire che i Frati continuano ad avvicinare la gente e in particolare i poveri. Si può anche dire che lavoriamo in stretta collaborazione e comunione con la Chiesa. Molti sono i Frati preoccupati di dar nuova vita e un volto francescano ai ministeri tradizionali: parrocchie, santuari, scuole, opere sociali.

 

[1] 1Cel 97.

[2] Cf Sdp 37.

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

La vita fraterna in comunità

Una Fraternità in obbedienza caritativa

e servizio reciproco per testimoniare

la riconciliazione in Cristo oltre ogni frattura

 

 

La parola chiave per interpretare la nostra vita e la nostra missione di Frati Minori è la parola fraternità. Siamo una Fraternità. Nella Fraternità accogliamo i Fratelli che il Signore ci dà; coltivando i valori umani, camminiamo verso la maturità umana, cristiana e francescana; accogliamo la parola del Signore e, dalla Fraternità, come Fratelli, andiamo per il mondo ad annunciare la Buona Notizia. Se domandassimo al beato Francesco d’Assisi: «Chi sei tu?»; egli ci risponderebbe: «sono Frate Francesco». Così, se gli chiedessimo di parlarci della sua vita egli, con le parole del Testamento, dopo che il Signore gli concesse di cominciare a fare penitenza, ci parlerebbe solo dei doni del suo Signore, delle opere di Dio, della grazia di Dio, della fede nelle chiese, nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana e dei Fratelli. Come non potremmo capire la vita del beato Francesco senza la grazia della penitenza e la semplicità e certezza della sua fede, così non lo si potrebbe comprendere senza la presenza dei Fratelli che gli Signore gli diede. La vita e la missione di un Frate Minore non possono essere comprese senza la grazia della penitenza, senza la forza della fede, senza i Fratelli che il Signore vuole donargli.

 

La Fraternità francescana, come tutta la vita fraterna in comunità, è partecipazione della comunione trinitaria e nasce dalla viva coscienza di essere «figli del Padre celeste e fratelli di Gesù Cristo nello Spirito Santo»[1]. La Fraternità è, inoltre, prima di ogni altra cosa, un dono che dobbiamo accogliere con gratitudine, ma anche un compito che suppone uno sforzo e un impegno per costruirla, rispettando sempre la persona del Fratello, dono di Dio, così com’è[2].

 

Questa forma di vita, la vita fraterna in comunità, ha come valori unificanti l’unità della fede e del progetto di vita evangelica, che per noi si concretizzano nella Regola e nelle Costituzioni[3]. Allo stesso tempo ha come “strutture” base la persona del Fratello, in quanto essere in relazione, e la figura del Guardiano, animatore della vita dei Fratelli che il Signore gli ha affidato.

 

La più alta vocazione dell’uomo è di «entrare in comunione con Dio e con gli altri uomini suoi fratelli»[4]. La Chiesa «fin dal primo momento si caratterizza come fraternità e comunione nell'unità di un solo cuore e di un'anima sola»[5]. «La storia della vita consacrata testimonia modalità differenti di vivere l'unica comunione – ecclesiale –secondo la natura dei singoli istituti». «La vita fraterna in comune è sempre apparsa come una radicalizzazione del comune spirito fraterno che unisce tutti i cristiani»[6]. Per noi, Frati Minori, la vita fraterna in comunità rappresenta uno degli elementi essenziali della forma di vita, un criterio ineludibile di discernimento per avvicinarci alla verità della nostra adesione a Cristo ed è anche uno dei punti centrali di un’autentica testimonianza di vita evangelica. Proprio per questo la vita fraterna in comunità è uno dei pilastri della rifondazione del nostro Ordine, che si definisce come «una Fraternità»[7].

 

Il nostro Ordine ha partecipato con tutti gli Istituti di vita consacrata al processo di rinnovamento, promosso dalla forza dello Spirito e dalla parola del Concilio Vaticano II. Uno degli aspetti della nostra vita in cui meglio si possono apprezzare i segni del rinnovamento, frutto dell’obbedienza dei Frati allo Spirito e alla Chiesa, è precisamente quello della vita fraterna in comunità.

 

Il nuovo volto delle nostre Fraternità

 

Malgrado le difficoltà incontrate, possiamo tranquillamente far nostra l’analisi che il documento Vita fraterna in comunità fa della vita consacrata in generale. «È impressione diffusa – afferma il documento – che l'evoluzione di questi anni abbia contribuito a far maturare la vita fraterna nelle comunità. Il clima di convivenza in molte comunità è migliorato: si è dato più spazio alla partecipazione attiva di tutti, si è passati da una vita in comune troppo basata sull'osservanza ad una vita più attenta alle necessità dei singoli e più curata a livello umano»[8].

 

Sì, è migliorata la partecipazione dei Frati nel prendere le decisioni, siamo progrediti nel rispetto della persona, nella capacità di confrontarsi come Fraternità nei conflitti, nel discernimento comunitario, nella qualità umana. Le nostre Comunità oggi sono «meno formaliste, meno autoritarie, più fraterne e partecipate»[9]. Si è passati a porre l’accento sull’aspetto comunitario all’interno della dimensione fraterna, comprendendo di più le Fraternità come luoghi di comunione, «dove le relazioni appaiono meno formali e dove l'accoglienza e la mutua comprensione sono facilitati»[10].

 

Mediazioni nella costruzione della Fraternità

 

Tra le mediazioni che hanno aiutato a migliorare la qualità della vita fraterna bisogna segnalare: il progetto di vita fraterna, elaborato in molte Entità, in non pochi casi con passione e partecipazione attiva dei Frati, e valutato periodicamente; la lettura orante della Parola in Fraternità, che a poco a poco si fa strada nella vita di molte Fraternità, manifestandosi in esse come uno strumento di grazia per la crescita interna delle stesse e per l’azione pastorale; il capitolo locale e gli altri incontri della Fraternità, che stanno dando frutti meravigliosi per quelle Fraternità che non si riducono agli incontri per risolvere i problemi amministrativi, ma che ne approfittano per la formazione, per l’elaborazione e la valutazione del progetto di fraternità e la comunicazione autentica e profonda, non solo delle attività, ma anche della vita dei Frati. Molto importanti e fecondi si stanno mostrando anche gli incontri a livello provinciale o Capitoli delle stuoie, e le riunioni interprovinciali, soprattutto quelle a carattere formativo.

 

Il ministero del Guardiano

 

Il ministero del Guardiano si sta rivelando fondamentale nella costruzione della Fraternità. In questi anni l’esperienza e la riflessione ci hanno aiutato a vedere nell’ufficio dei Guardiani un ministero a servizio della comunione dei Frati con Dio e tra loro; un ministero che promuove nella Fraternità la sequela di Cristo; un ministero al servizio del Vangelo – massima autorità nella Fraternità – del carisma e di ciascun Frate; un ministero di accompagnamento spirituale, attraverso il quale il Guardiano deve ispirare, suscitare ed esigere una risposta intima, sincera e responsabile, così che ciascun Frate e l’intera Fraternità vivano e portino a compimento la loro vocazione e missione.

 

La comunicazione

 

Anche la comunicazione ci appare come imprescindibile nella costruzione della vita fraterna. Se per arrivare ad essere fratelli è necessario conoscersi, per conoscersi è necessario comunicare. Quando c’è comunicazione l’aria che si respira nella Fraternità è aria limpida e sana, le relazioni si fanno più strette e familiari, si alimenta lo spirito di partecipazione e cresce il senso di appartenenza.

 

[1] CCGG 38.

[2] Cf Spec 85.

[3] Cf CCGG 42 §2.

[4] VFC 9.

[5] Idem.

[6] VFC 10.

[7] Cf CCGG 1 §1.

[8] VFC 47.

[9] Idem.

[10] RdC 29.

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

 Il servo di Dio mons. Castrillo

La Vita


Mons. Agostino Ernesto Castrillo nasce a Pietravairano (CE) il 18 febbraio 1904. Terzo di undici figli, a 15 anni vestì l'abito francescano nella Provincia dei Frati Minori di San Michele Arcangelo di Puglia e Molise. Compiuti gli studi filosofici e teologici, ricevette l'ordinazione sacerdotale l'11 giugno 1927 nel santuario della Madonna dei Martiri di Molfetta. Dal 1936 fu parroco a Foggia dove visse il tragico periodo della Seconda Guerra Mondiale in cui la città subì pesanti bombardamenti.

Leggi tutto: Il servo di Dio mons. Castrillo
0
0
0
s2smodern
powered by social2s

TESTAMENTO DI CHIARA

 

 [2823] 1Nel nome del Signore . Amen. 2Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie , per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui  glorioso vive azioni di grazie, 3grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate. 4Perciò l'Apostolo ammonisce: «Conosci bene la tua  vocazione ».

 [2824] 5Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e con l'esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di lui.

 [2825] 6Dobbiamo, perciò, sorelle carissime, meditare gli im­mensi benefici di cui Dio ci ha colmate, 7specialmente quel­li che Egli si è degnato di operare tra noi per mezzo del suo diletto servo, il beato padre  nostro Francesco, 8e non solo dopo la nostra conversione, ma fin da quando erava­mo ancora tra le vanità del secolo. 

 [2826] 9Mentre infatti, lo stesso Santo, che non aveva ancora né frati né compagni, quasi subito dopo la sua conversio­ne, 10era intento a riparare la chiesa di San Damiano, dove, ricevendo quella visita del  Signore nella quale fu inebriato di celeste consolazione, 11sentì la spinta decisiva ad abban­donare del tutto il mondo, in un trasporto di grande letizia e illuminato dallo Spirito Santo, profetò a nostro riguardo  ciò che in seguito il Signore ha realizzato.

 [2827] 12Salito sopra il muro di detta chiesa, così infatti allora gridava, a voce spiegata e in lingua francese, rivolto ad al­cuni poverelli che stavano li appresso: 13«Venite ed aiutatemi in quest'opera del  monastero di San Damiano, 14perché tra poco verranno ad abitarlo delle donne, e per la fama e santità della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua santa Chiesa».

 [2828] 15Possiamo, dunque, ammirare in questo fatto la grande, bontà di Dio verso di noi: 16Egli si è degnato, nella so­vrabbondante sua misericordia e carità, di ispirare tali pa­role al suo Santo a proposito  della nostra vocazione ed elezione. 17Non solo di noi, però, il beatissimo nostro pa­dre predisse queste cose, ma anche di tutte le altre che avrebbero seguito questa santa vocazione, alla quale il Si­gnore ci ha chiamate. 18Con quanta sollecita disponibilità e con quanta appli­cazione di spirito e di corpo dobbiamo perciò eseguire i comandamenti di Dio e del padre nostro Francesco, perché, con l'aiuto divino, possiamo riconsegnare a lui, moltiplicati, i talenti ricevuti!

[2829] 19Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come mo­dello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, 20affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo.

[2830] 21Avendoci, dunque, Egli scelte per un compito tanto elevato, quale è questo, che in noi si possano specchiare tutte coloro che chiama ad essere esempio e specchio degli altri, 22siamo estremamente tenute a be­nedire e a lodare il Signore, ed a crescere ogni giorno più nel bene. 23Perciò, se vivremo secondo la predetta forma di vita, lasceremo alle altre un nobile esempio e, attraverso una fatica di brevissima durata, ci guadagneremo il pallio della beatitudine eterna.

[2831] 24Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e grazia, di illuminare il mio cuore perché incominciassi a fare penitenza, dietro l'esempio e l'ammaestramento del beatissimo padre nostro Francesco, 25poco tempo dopo la sua conversione, io, assieme alle poche sorelle che il Signore mi aveva donate poco tempo dopo la mia conversione, liberamente gli promisi obbedienza, 26conforme alla ispirazione che il Signore ci aveva comunicata attraverso la lodevole vita e l'insegnamento di lui.

[2832] 27Il beato Francesco poi, costatando che, nonostante la debolezza e fragilità del nostro corpo, non avevamo indietreggiato davanti a nessuna penuria, povertà, fatica e tribolazione, né ignominia o disprezzo del mondo, 28che, anzi, sull'esempio dei santi e dei suoi frati, tutto ciò stimavamo sommo diletto - cosa questa che lui stesso ed i suoi frati avevano potuto verificare più volte -, molto se ne rallegrò nel Signore.

[2833] 29Perciò, mosso da un sentimento di paterno affetto verso di noi, obbligò se stesso e la sua Religione ad avere sempre diligente cura e speciale sollecitudine di noi, allo stesso modo che per i suoi frati.

[2834] 30E così, per volontà del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco, venimmo ad abitare accanto alla chiesa di San Damiano. 31Qui, in breve tempo il Signore, per sua misericordia e grazia, ci moltiplicò assai, perché si adempisse quanto egli stesso aveva preannunciato per bocca del suo Santo. 32Prima, infatti, avevamo dimorato, ma solo per poco tempo, in altro luogo.

[2835] 33In seguito egli scrisse per noi una forma di vita, e principalmente che perseverassimo nella santa povertà. 

[2836] 34Né si accontentò, durante la sua vita terrena, di stimolarci con molte esortazioni e col suo esempio all'amore e alla osservanza della santissima povertà, ma anche ci lasciò molti ammaestramenti scritti, affinché, dopo la sua morte, non ci allontanassimo in nessun modo da essa, 35poiché anche il Figlio di Dio, mentre viveva sulla terra, mai volle allontanarsi da questa santa povertà.

[2837] 36Ed il beatissimo padre nostro Francesco, seguendo le sue orme, scelse per sé e per i suoi frati questa santa povertà del Figlio di Dio, né mai, finché visse, se ne allontanò in nessuna maniera, né con la parola né con la vita.

[2838] 37Ed io, Chiara, che sono, benché indegna, la serva di Cristo e delle Sorelle Povere del monastero di San Damiano e pianticella del padre santo, poiché meditavo, assieme alle mie sorelle, la nostra altissima professione e la volontà di un tale padre, 38ed anche la fragilità delle altre che sarebbero venute dopo di noi, temendone già per noi stesse dopo la morte del santo padre nostro Francesco - che ci eracolonna e nostra unica consolazione dopo Dio e sostegno - , 39perciò più e più volte liberamente ci siamo obbligate alla signora nostra, la santissima povertà, perché, dopo la mia morte, le sorelle che sono con noi e quelle che verranno in seguito abbiano la forza di non allontanarsi mai da essa in nessuna maniera.

[2839] 40E come io sono stata sempre diligente e sollecita nell'osservare io medesima, e nel fare osservare la santa povertà, che abbiamo promessa al Signore e al santo padre nostro Francesco, 41così le sorelle che succederanno a me in questo ufficio, siano obbligate ad osservarla e a farla osservare dalle altre fino alla fine.

[2840] 42Ma ancora, per maggior sicurezza, mi preoccupai di ricorrere al signor papa Innocenzo, durante il pontificato del quale ebbe inizio il nostro Ordine, ed ai successori di lui, perché confermassero e corroborassero con i loro papali privilegi, la nostra professione della santissima povertà, che promettemmo al nostro beato padre, 43affinché mai, in nessun tempo ci allontanassimo da essa.

[2841] 44Per la quale cosa, piegando le ginocchia e inchinandomi profondamente, anima e corpo, affido in custodia alla santa madre Chiesa romana, al sommo Pontefice, e specialmente al signor cardinale che sarà deputato per la Religione dei frati minori e nostra, tutte le mie sorelle, le presenti e quelle che verranno, 45perché, per amore di quel Signore, che povero alla sua nascita fu posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce, 46abbia cura di far osservare a questo suo piccolo gregge- questo che l'altissimo Padre, per mezzo della parola e dell'esempio del beato padre nostro Francesco, generò nella sua santa Chiesa, proprio per imitare la povertà e l'umiltà del suo diletto Figlio e della sua gloriosa Madre vergine -, 47la santa povertà, che a Dio e al beato padre nostro Francesco abbiamo promessa, e si degni ancora di infervorare e conservare le sorelle in detta povertà.

[2842] 48Inoltre, come il Signore donò a noi il beatissimo padre nostro Francesco come fondatore, piantatore e sostegno nostro nel servizio di Cristo e in quelle cose che promettemmo a Dio ed al medesimo nostro padre, 49ed egli, finché visse, ebbe sempre premurosa cura di coltivare e far crescere noi, sua pianticella, con la parola e con le opere sue; 50così io affido le mie sorelle, presenti e future al successore del beato padre nostro Francesco e ai frati tutti del suo Ordine, 51perché ci siano d'aiuto a progredire sempre di più nel bene nel servizio di Dio e soprattutto nell'osservare meglio la santissima povertà.

[2843] 52Se poi dovesse succedere in qualche tempo, che le dette sorelle lasciassero questo monastero di San Damiano e si trasferissero altrove, siano nondimeno tenute, ovunque abitassero dopo la mia morte, ad osservare la stessa forma della povertà, che abbiamo promessa a Dio e al beatissimo padre nostro Francesco.

[2844] 53Tuttavia, tanto colei che sarà in ufficio [di abbadessa], quanto le altre sorelle, abbiano sempre sollecitudine e precauzione di non acquistare né accettare terreno attorno al sopraddetto monastero, se non in quella quantità che esigesse l'estrema necessità di un orto per coltivarvi degli erbaggi. 54Se poi in qualche tempo dovesse occorrere, per un conveniente isolamento del monastero, di avere un po' di terreno fuori del recinto dell'orto, non permettano d'acquistarne più di quanto richiede l'estrema necessità; 55detto terreno poi non sia lavorato né seminato, ma rimanga sempre inarato e incolto.

[2845] 56Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le sorelle, presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell'umiltà e della povertà, ed anche l'onestà di quella santa vita, 57che ci fu insegnata dal beato padre nostro Francesco fin dal principio della nostra conversione a Cristo.

[2846] 58Per mezzo di queste virtù, e non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia del Donatore lo stesso Padre delle misericordie, effondano sempre il profumo della loro buona fama su quelle che sono lontane, come su quelle che sono vicine.

[2847] 59E amandovi a vicenda nell'amore di Cristo, quell'amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere , 60affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità. 

[2848] 61Ancora prego colei che sarà al governo delle sorelle, che si studi di presiedere alle altre più con le virtù e la santità della vita, che per la dignità, 62affinché, animate dal suo esempio, le sorelle le prestino obbedienza, non tanto per l'ufficio che occupa, ma per amore. 63Sia essa, inoltre, provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie; 64e specialmente si studi di provvedere a ciascuna nelle sue necessità con quelle elemosine che il Signore manderà. 65Sia ancora tanto affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con fi­ducia le loro necessità 66e ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza, come crederanno meglio, per sé o a favore delle sorelle.

[2849] 67Le sorelle poi, che sono suddite, ricordino che è per amore del Signore che hanno rinunciato alla propria volontà. 68Quindi voglio che obbediscano alla loro madre, come di loro spontanea volontà promisero a Dio; 69affinché la loro madre, osservando la carità, I'umiltà e l'unione che regna tra loro, trovi più leggero il peso che sostiene per ufficio 70e, per merito della loro santa vita, ciò che è molesto e amaro si tramuti per lei in dolcezza.

[2850] 71Ma poiché stretta è la via e il sentiero, ed angusta la porta per la quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi son quelli che la percorrono e vi entrano; 72e se pure vi sono di quelli che per un poco di tempo vi camminano, pochissimi perseverano in essa. 73Beati però quelli cui è concesso di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine !

[2851] 74E perciò noi, che siamo entrate nella via del Signore, guardiamoci di non abbandonarla mai, per nostra colpa o negligenza o ignoranza. 75Recheremmo ingiuria a così grande Signore, alla sua Madre vergine, al beato padre nostro Francesco, a tutta la Chiesa trionfante ed anche alla Chiesa di quaggiù. 76Sta scritto, infatti: Maledetti quelli che si allontanano dai tuoi comandamenti.

[2852] 77Per questa ragione, io piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, per i meriti della gloriosa santa Vergine Maria sua Madre, del beatissimo padre nostro Francesco e di tutti i santi, 78lo stesso Signore, che ci ha donato di bene incominciare, ci doni ancora di crescere nel bene e di perseverarvi fino alla fine. Amen.

[2853] 79Questo scritto, perché sia meglio osservato, io lascio a voi, sorelle mie amatissime e carissime, presenti e future, in segno della benedizione del Signore, del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione della vostra madre e serva.

 

Vita                                                              Scritti

 
0
0
0
s2smodern
powered by social2s

 

 TESTAMENTO DI  SAN FRANCESCO  
 
Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi  misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo.


 E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la  tua santa croce hai redento il mondo.

 Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a  loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.

 E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello  stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

 E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. E i santissimi nomi e le parole di lui scritte, dovunque le troverò in luoghi indecenti, voglio  raccoglierle, e prego che siano raccolte e collocate in luogo decoroso.

 E tutti i teologi e quelli che amministrano le santissime parole divine, dobbiamo onorarli e venerarli come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.

E dopo che il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. E io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor papa me la confermò.

E quelli che venivano per intraprendere questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevamo avere di più.

Noi chierici dicevamo l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster, e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.

E io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onestà. E quelli che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.

Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta.

Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!».

Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e tutto quanto viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre dimorandovi da ospiti come forestieri e pellegrini.

Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna [di privilegio] nella Curia romana, né personalmente né per interposta persona, né a favore di chiesa o di altro luogo, né sotto il pretesto della predicazione, né per la persecuzione dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.

E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e ad altro guardiano che gli sarà piaciuto di assegnarmi. E così voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la volontà sua, perché egli è mio signore.

E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come è prescritto nella Regola.

E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire così ai loro guardiani e a dire l'ufficio secondo la Regola. E se si trovassero dei frati che non dicessero l'ufficio secondo la Regola, e volessero variarlo in altro modo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovunque sono, siano tenuti per obbedienza, ovunque trovassero qualcuno di essi, a farlo comparire davanti al custode più vicino al luogo dove l'avranno trovato. E il custode sia fermamente tenuto per obbedienza a custodirlo severamente, come un uomo in prigione giorno e notte, così che non possa essergli tolto di mano finché non lo consegni di persona nelle mani del suo ministro. E il ministro sia fermamente tenuto, per obbedienza, a mandarlo per mezzo di tali frati che lo custodiscano giorno e notte come un uomo imprigionato, finché non lo presentino davanti al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.

E non dicano i frati: «Questa è un'altra Regola», perché questa è un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, fratelli miei benedetti, affinché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.


E il ministro generale e tutti gli altri ministri e custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.

E sempre abbiano con sé questo scritto accanto alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.

E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola né in queste parole dicendo: «Così devono essere intese»; ma come il Signore ha dato a me di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così voi con semplicità e senza commento cercate di comprenderle, e con santa operazione osservatele sino alla fine.

E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmo della benedizione del suo Figlio diletto con il santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. E io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione.

 

Vita                                                      Preghiere                                                        Cronologia

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

 

SANTI E BEATI

NELLA MINORITICA PROVINCIA DI CALABRIA

RICORDATI DAL MARTIROLOGIO DELL’ORDINE

 

 

 1227 – SS. DanieleSamueleAngeloLeoneNicolaUgolino, Sacerdoti e Donnolo, Laico, Martiri di Ceuta, incliti Patroni della Provincia (Festa 10 Ottobre).

 1264 -  B. Pietro Catin, della Marca Anconetana, discepolo del Serafico Padre, Primo Ministro provinciale della Calabria, insigne per santità e miracoli, morto a Castrovillari (Martirologio  15 Aprile).

 12.. – B. Perio da Crotone, discepolo del Serafico Padre e compagno del B. Pietro Catin, chiaro per santità e miracoli, morto nel patrio convento (Martirologio 19 Ottobre).

 1320 – B. Francesco da San Marco, illustre per santità di vita, morto nel patrio convento (Martirologio 22 settembre).

 1470 – B. Antonio Scozzetti da Amantea, religioso di esimia perfezione e dottrina, celebre predicatore, glorioso per molti iracoli, morto nel patrio convento. Ebbe intimi rapporti con  San Francesco di Paola (Martirologio 24 Novembre).

 1481 – B. Matteo Saraceni da Reggio Calabria, Arcivescovo di Rossano, già compagno di San Bernardino da Siena, Vicario provinciale dell’Osservanza, esimio apostolo e  predicatore, insigne per santità (Martirologio 23  Novembre).

 1482 – B. Giovanni di Calabria, Missionario in Terra Santa, Legato Apostolico in Etiopia, martirizzato per la fede in Gerusalemme (Martirologio 13 Gennaio).

1488 – B. Bernardino da Rende, devotissimo e celeberrimo predicatore, illustre per santità e miracoli (Martirologio 10 Gennaio).

1495 – B. Francesco da Cropani, celebre per dottrina, predicazione e santità di vita, morto nel convento di Mesoraca. Otto anni dopo il suo corpo fu trovato freschissimo e spirante un soavissimo odore (Martirologio 5 Novembre).

1504 – B. Paolo da Sinopoli, compagno di San Bernardino da Siena, fervido apostolo e propagatore della Regolare Osservanza che governò due volte quale Vicario provinciale, insigne per santità di vita per il dono della profezia e dei miracoli, morto a Nicotera (Martirologio 5 settembre).

1520 – B. Pietro da Belcastro, laico, religioso di esimia umiltà, semplicità e santità di vita, morto nel convento di Mesoraca. Il suo corpo dopo alcuni anni fu trovato mirabilmente incorrotto (Martirologio 3 Settembre).

1520 – B. Martino Bertranni da Bisignano, laico, religioso di somma umiltà e pietà e glorioso per miracoli, morto ad Aiello (Martirologio 6 Settembre).

1525 – Beato Matteo da Mesoraca, religioso di ammirabili ed eroiche virtù contrassegnate da molti e stupendi prodigi. Fu Superiore provinciale della Famiglia dell’Osservanza cui diede incremento. Morì a Taverna ed ebbe culto vivissimo. Le sue ossa sono attualmente custodite e venerate a Mesoraca nel Santuario del SS. Ecce Homo (Martirologio 3 Ottobre).

1530 – B. Giovanni da Castrovillari, Diacono, per umiltà non volle accedere al Sacerdozio. Fu un portento di perfezione e di grazia. Morì nel Convento di San Lucido, ma il suo corpo (tutt’ora incorrotto) passò per un mirabile prodigio di obbedienza nella nostra Chiesa di San Francesco a Cosenza dove ancora oggi è venerato. (Martirologio 16 Aprile).

1532 – B. Angelo da Cosenza, laico. Alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta a Cosenza, riaperto il sepolcro per seppellirvi il B. Zaccaria a lui legato da grande affetto, fu visto il suo corpo, conservatosi integro ed incorrotto, alzarsi e mettersi in disparte per dare luogo al nuovo arrivato (Martirologio 10 Novembre).

1534 – B. Girolamo da Mesoraca, Santo e fervidissimo religioso. Meritò che una mattina gli apparisse Gesù con la Madonna e il Padre San Francesco annunciandogli il suo felice transito dalla terra al cielo prima che fosse terminata in chiesa l’ultima Messa, ciò avvenne con mirabile precisione e senza che egli manifestasse alcun male (Martirologio 6 Agosto).

1538 c. – B. Zaccaria (o Zaccheo) da Cosenza, laico, caro compagno del B. Angelo, morto nel patrio convento in gran fama di santità (Martirologio 16 Febbraio).

1540 – B. Tommaso da Rende, laico, di esemplarissima umiltà. Mentre stava in orazione, il Signore gli comunicò che dopo poche ore lo avrebbe chiamato a sé. Avvenne la sua beata morte nel convento di Cariati (Martirologio 3 Marzo).

1540 – B. Pietro da Paludi, religioso di esimia pietà e altissima povertà, la cui anima fu vista salire in Cielo sotto forma di lucidissima stella. Morto a Rossano (Martirologio 29 Maggio).

1540 – B. Matteo da Cetraro, specchio di ogni virtù. Ebbe anch’egli, come il Beato Girolamo da Mesoraca, la rivelazione dell’imminente sua morte quando nulla poteva farla presagire. Passò felicemente al Signore nel convento di S. Nocito (Martirologio 13 Luglio).

1600 – Servo di Dio Francesco da Bovalino, chierico. Rinunciò per umiltà al Sacerdozio cui era avviato, preferendo di vivere negli uffici di portinaio e di cuoco. Fu anima di altissima contemplazione ed eroica penitenza e veneratissimo dal popolo per i miracoli che operava (Martirologio 2 Aprile).

1637 -  Sant’Umile da Bisignano, laico. È un vero fiore di Paradiso prodotto dal francescanesimo in Calabria. La sua vita è tutta un tessuto di eroiche virtù, di miracoli, di estasi, di profezie, e di altri doni con i quali Dio volle glorificarlo. Santificò con la sua dimora numerosi conventi della Provincia, ricercato e venerato da tutti. Lo vollero vedere gli stessi Pontefici Gregorio XV e Urbano VIII che lo ebbero carissimo e lo trattennero diversi anni a Roma. Morì il 26 Novembre 1637 nel Convento di Bisignano. La Chiesa lo ha solennemente beatificato nel 1881 e canonizzato il 19 maggio 2002.

A cura di
Padre Agostino Piperno

0
0
0
s2smodern
powered by social2s

 VITA DI SANT'UMILE DI BISIGNANO

ant'Umile da Bisignano appartiene al popolo dei "piccoli" che Dio ha scelto per confondere i "sapienti" e i "potenti" di questo mondo. A lui il Padre ha fatto conoscere, infatti, il suo mistero di condiscendenza,  perché egli fu disponibile a lasciarsi afferrare dal suo amore, prendendo su di sé il giogo soave della Croce, che fu sempre per il francescano di Bisignano sorgente di pace e di consolazione. Nato il 26 agosto 1582  a Bisignano (Cosenza) da Giovanni Pirozzo e Ginevra Giardino, al battesimo ricevette il nome di Luca Antonio. Si fece ammirare fin da fanciullo per la straordinaria pietà: partecipava alla Messa quotidiana, si  accostava alla mensa eucaristica in tutte le feste, pregava meditando la passione del Signore anche durante il lavoro dei campi.

 Divenuto membro della Confraternita dell'Immacolata Concezione, era comunemente indicato a tutti gli aggregati come modello d'ogni virtù. Nei processi canonici è ricordato il fatto che a chi gli diede sulla  pubblica piazza un solenne ceffone, per tutta risposta presentò umilmente l'altra guancia. Verso il diciottesimo anno sentì la chiamata di Dio alla vita consacrata; ma, per varie cause, dovette differire per ben nove  anni la realizzazione dei suoi propositi, impegnandosi tuttavia in una vita più austera e fervorosa.

 Finalmente a ventisette anni entrò nel noviziato di Mesoraca (Crotone) dei Frati Minori, dove erano preposti alla formazione dei giovani due santi religiosi: P. Antonio da Rossano come maestro e P. Cosimo da  Bisignano come Superiore del convento. Superate, per intercessione della Vergine, non poche difficoltà, emise la professione religiosa il 4 settembre 1610.

 Svolse con semplicità ed esattezza le tipiche mansioni dei religiosi non sacerdoti, quali la questua, il servizio alla mensa della comunità, la cura dell'orto ed ogni altro lavoro manuale richiesto dai superiori.

 Fin dal tempo del noviziato si distinse per la maturità spirituale e per il fervore nell'osservanza della Regola. Si dedicò con slancio all'orazione e Dio fu sempre al centro dei suoi pensieri. Fu obbediente, umile,  docile, condividendo con gioia i vari momenti della vita di comunità. Dopo la professione religiosa, intensificò l'impegno nella via della santità. Moltiplicò le mortificazioni, i digiuni e lo zelo nel servizio di Dio e  della sua comunità. La carità lo rese caro a tutti: ai frati, al popolo ed ai poveri, che aiutava distribuendo loro quanto la Provvidenza gli dava. Gli stessi doni carismatici, che ebbe in abbondanza, li esercitò per la  gloria di Dio, per la costruzione del regno di Cristo nelle anime e per la consolazione dei bisognosi.

Ebbe fin da giovane il dono di continue estasi, tanto da essere chiamato "il frate estatico". Esse furono per lui occasione di una lunga serie di prove e di umiliazioni, a cui i superiori lo assoggettarono allo scopo di assicurarsi che provenissero realmente da Dio e che non vi fosse inganno diabolico. Ma tali prove, felicemente sostenute e superate, accrebbero la fama della sua santità sia presso i confratelli, sia presso gli estranei.

Fu dotato anche dei doni singolari del discernimento dei cuori, della profezia, dei miracoli e soprattutto della scienza infusa. Benché analfabeta e indotto, dava risposte sopra la Sacra Scrittura e sopra qualunque punto della dottrina cattolica, tali da far meravigliare insigni teologi. Venne sperimentato al riguardo più volte, con la proposta di dubbi ed obiezioni, da un'assemblea di sacerdoti secolari e regolari, presieduta dall'Arcivescovo di Reggio Calabria, da alcuni professori della città di Cosenza, in Napoli dall'inquisitore Mons. Campanile, alla presenza del P. Benedetto Mandini, teatino, e di altri. Ma fra Umile rispose sempre in maniera da sorprendere i suoi esaminatori.

È facile comprendere da quale stima fosse universalmente circondato. Il P. Benigno da Genova, Ministro generale del suo Ordine, lo condusse in sua compagnia per la visita canonica ai Frati Minori della Calabria e della Sicilia. Godé della fiducia dei Sommi Pontefici Gregorio XV e Urbano VIII, i quali lo chiamarono a Roma e, dopo averlo fatto rigorosamente esaminare nello spirito, si giovarono delle sue preghiere e dei suoi consigli. Si trattenne a Roma parecchi anni, soggiornando quasi sempre nel convento di San Francesco a Ripa, e, per pochi mesi, in quello di Sant'Isidoro. Soggiornò per qualche tempo anche a Napoli nel convento di Santa Croce, dove profuse il suo impegno nel diffondere il culto al Beato Giovanni Duns Scoto, particolarmente venerato nella diocesi di Nola.

Verso il 1628 fece domanda di poter "andare a patire" in terra di missioni. Avutane dai superiori risposta negativa, continuò a servire il regno di Dio tra la sua gente, prendendosi cura dei più deboli, degli emarginati e dei dimenticati (cfr. VC, 75)

La sua vita fu una "preghiera incessante per tutto il genere umano". Semplici le sue preghiere, ma sgorganti daI cuore. Avendogli chiesto il P. Dionisio da Canosa, per molti anni suo confessore e suo primo biografo, che cosa domandasse al Signore in tante ore di orazione, egli rispose: "Io non faccio altro se non dire a Dio: "Signore, perdonami i miei peccati e fa' che io ti ami come sono obbligato ad amarti; e perdona i peccati a tutto il genere umano, e fa' che tutti ti amino come sono obbligati ad amarti!"".

Pronto sempre nell'obbedienza, coraggioso nella povertà, accogliente per l'esercizio della più lieta castità, Fr. Umile da Bisignano percorse un cammino di luce che lo condusse alla contemplazione dell'eterna Luce il 26 novembre del 1637, in Bisignano, nello stesso luogo, cioè, "dove aveva ricevuto lo spirito della grazia" (LM, XIV: FF 1239) e da dove egli "continua ad illuminare il mondo con i miracoli" (1Cel X: FF 525).

Fu beatificato da Leone XIII il 29 gennaio 1882.

 

IL BEATO UMILE: COLUI CHE DIPENDE TOTALMENTE DA DIO

 

Il mistero della vita del Beato Umile è certamente il mistero di un Dio che opera grandi cose nella sua creatura che crede in lui e si affida pienamente al suo amore, consacrando tutto, presente e futuro, nelle sue mani e ponendosi al suo esclusivo servizio (cf. VC, 17). Ma questa vita, nella quale risplende il fulgore della santità di Dio, è anche un mistero di disponibilità da parte di questa creatura che, nella sua profonda e convinta umiltà, ripete spesso: "Tutte le creature lodano e benedicono Iddio, io sono il solo che l'offende".

Umile da Bisignano invitato da Cristo a lasciare tutto e a rischiare tutto per il Regno di Dio, ha avvertito il fascino del Vangelo delle Beatitudini ed ha accettato di mettersi al servizio del disegno di Dio su di lui, impegnandosi a vivere come Francesco d'Assisi, "in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità" (S. Francesco d'Assisi, Regola bollata, 1: FF 75).

I poveri, infatti, a somiglianza di Maria, che ha fatto pienamente la volontà del Padre, sono liberi da tanti legami con le cose che passano e da tante ambizioni che procurano solo amare delusioni, e hanno uno spirito più pronto e disponibile. Un'anima veramente povera non si preoccupa, non si agita, non si disperde in molte cose, ma sa guardare in alto, lasciandosi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio.

È la sorprendente saggezza che si rivela a noi, dopo 365 anni dal suo Transito, nella testimonianza di fede del Beato Umile da Bisignano. Canonizzato il 19 maggio 2002.

Sant’Umile da Bisignano appartiene al popolo dei “piccoli” che Dio ha scelto per confondere i “sapienti” e i “potenti” di questo mondo. A lui il Padre ha fatto conoscere, infatti, il suo mistero di condiscendenza, perché egli fu disponibile a lasciarsi afferrare dal suo amore, prendendo su di sé il giogo soave della Croce, che fu sempre per il francescano di Bisignano sorgente di pace e di consolazione. Nato il 26 agosto 1582 a Bisignano (Cosenza) da Giovanni Pirozzo e Ginevra Giardino, al battesimo ricevette il nome di Luca Antonio. Si fece ammirare fin da fanciullo per la straordinaria pietà: partecipava alla Messa quotidiana, si accostava alla mensa eucaristica in tutte le feste, pregava meditando la passione del Signore anche durante il lavoro dei campi. 
 
Divenuto membro della Confraternita dell'Immacolata Concezione, era comunemente indicato a tutti gli aggregati come modello d'ogni virtù. Nei processi canonici è ricordato il fatto che a chi gli diede sulla pubblica piazza un solenne ceffone, per tutta risposta presentò umilmente l'altra guancia. Verso il diciottesimo anno sentì la chiamata di Dio alla vita consacrata; ma, per varie cause, dovette differire per ben nove anni la realizzazione dei suoi propositi, impegnandosi tuttavia in una vita più austera e fervorosa.

Finalmente a ventisette anni entrò nel noviziato di Mesoraca (Crotone) dei Frati Minori, dove erano preposti alla formazione dei giovani due santi religiosi: P. Antonio da Rossano come maestro e P. Cosimo da Bisignano come Superiore del convento. Superate, per intercessione della Vergine, non poche difficoltà, emise la professione religiosa il 4 settembre 1610.

Svolse con semplicità ed esattezza le tipiche mansioni dei religiosi non sacerdoti, quali la questua, il servizio alla mensa della comunità, la cura dell'orto ed ogni altro lavoro manuale richiesto dai superiori.

Fin dal tempo del noviziato si distinse per la maturità spirituale e per il fervore nell'osservanza della Regola. Si dedicò con slancio all'orazione e Dio fu sempre al centro dei suoi pensieri. Fu obbediente, umile, docile, condividendo con gioia i vari momenti della vita di comunità. Dopo la professione religiosa, intensificò l'impegno nella via della santità. Moltiplicò le mortificazioni, i digiuni e lo zelo nel servizio di Dio e della sua comunità. La carità lo rese caro a tutti: ai frati, al popolo ed ai poveri, che aiutava distribuendo loro quanto la Provvidenza gli dava. Gli stessi doni carismatici, che ebbe in abbondanza, li esercitò per la gloria di Dio, per la costruzione del regno di Cristo nelle anime e per la consolazione dei bisognosi.

Ebbe fin da giovane il dono di continue estasi, tanto da essere chiamato “il frate estatico”. Esse furono per lui occasione di una lunga serie di prove e di umiliazioni, a cui i superiori lo assoggettarono allo scopo di assicurarsi che provenissero realmente da Dio e che non vi fosse inganno diabolico. Ma tali prove, felicemente sostenute e superate, accrebbero la fama della sua santità sia presso i confratelli, sia presso gli estranei.

Fu dotato anche dei doni singolari del discernimento dei cuori, della profezia, dei miracoli e soprattutto della scienza infusa. Benché analfabeta e indotto, dava risposte sopra la Sacra Scrittura e sopra qualunque punto della dottrina cattolica, tali da far meravigliare insigni teologi. Venne sperimentato al riguardo più volte, con la proposta di dubbi ed obiezioni, da un'assemblea di sacerdoti secolari e regolari, presieduta dall'Arcivescovo di Reggio Calabria, da alcuni professori della città di Cosenza, in Napoli dall'inquisitore Mons. Campanile, alla presenza del P. Benedetto Mandini, teatino, e di altri. Ma fra Umile rispose sempre in maniera da sorprendere i suoi esaminatori.

 



Calendario Frati Minori

Aprile 2024
L M M G V S D
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30