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“ETERNA E’ LA SUA MISERICORDIA”

Accolti in Piazza San Pietro dal colonnato del Bernini in una sorta di abbraccio, quasi visione sensibile dell’abbraccio di quella Chiesa che è madre e accoglie ogni uomo che attraverso di lei desidera essere inserito in Cristo, cosi, in 726 Missionari della Misericordia - dei 1142 nominati provenienti da ogni parte dell’orbe cattolico, ci siamo ritrovati a varcare la Porta Santa della Basilica Papale in San Pietro, per la concessione dell’indulgenza giubilare e per ricevere dal Sommo Pontefice il mandato.

Per non lasciare nessuno nella sofferenza, il Santo Padre Francesco, nella Bolla di Indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, ha previsto la figura di sacerdoti ai quali,  nel corso della solenne concelebrazione del Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, ai piedi della cattedra di San Pietro illuminati dallo Spirito Santo è stata data la facoltà di perdonare i peccati riservati alla Sede Apostolica, che comportano scomunica latae sententiae, cioè  automatica. Questi i peccati: “Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego; Chi usa violenza fisica contro il Romano Pontefice; Il sacerdote che viola il «sigillo sacramentale», cioè il segreto confessionale; Il sacerdote che assolve il «complice nel peccato contro il sesto comandamento», cioè che assolve in confessione la persona con la quale ha avuto rapporti sessuali”.

Nel giorno della concelebrazione in San Pietro, fortuitamente capitato ai piedi della statua del santo patrono della Calabria, San Francesco di Paola, al cospetto delle sacre teche vetrate contenenti i corpi di san Pio da Pietrelcina e san Leopoldo Mandic- simboli di confessori di questo Giubileo- il cattolicesimo, nel senso di “universalità” della chiesa, mi sembrava tutto riunito dinanzi alla tomba dell’apostolo Pietro, per concedere all’umanità intera il suo perdono. Nei desideri del Santo Padre siamo divenuti cosi, canali della misericordia, sacerdoti che attraggono alla bellezza dell’amore di Dio, che sappiano comunicare una chiesa che è madre e che offre il suo perdono a tutti per far percepire una rinascita a vita nuova.

Papa Francesco ha voluto incentrare il suo discorso per noi missionari, sulla importanza dell’accoglienza nel confessionale, sull’attrazione del sorriso del sacerdote, sulla compassione del missionario che accarezza metaforicamente il penitente nel manifestare il suo peccato. Accogliere soprattutto, quando il linguaggio verbale si arresta a causa del sentimento della vergogna che si prova a confessare le proprie colpe, lasciando il posto ad un linguaggio gestuale che  deve essere necessariamente compreso dal sacerdote. Entrando nel confessionale è Cristo che accoglie, è Cristo che ama il penitente contrito e gli sorride attraverso il volto del sacerdote. La raccomandazione di Papa Francesco è stata quella di farsi portatori di Cristo nell’abbattere i muri dell’indifferenza, affinché nessun uomo rimanga indifferente all’attrattiva di un Padre misericordioso che tutti vuol salvare.

Ma il primo volto a sorriderci a noi missionari, è stato quello di Papa Francesco nell’incontro a noi dedicato il giorno precedente la consegna del mandato. Nella Sala Regia del Palazzo Apostolico siamo stati toccati tutti dallo sguardo di un padre, che con il linguaggio della semplicità e la sua carezza di grazia, si è soffermato a scambiare una parola, un sorriso, un abbraccio benedicente, con molti dei convocati. Le parole scambiate nell’incontro con lui, sono state per me,  una carezza dello Spirito che si è posata sulla mia anima, in uno scambio di sguardi e parole, rivelatrici di tutta la bellezza seducente di quel Dio, che ci chiama alla Sua sequela a conferma di quel “Si” che il 22 giugno del 2002 , ha fatto di me un sacerdote al servizio della Chiesa di Cristo, intarsiando nell’intimo del  mio cuore, l’imprinting di una missione: 

“O Signore, non sono solo,

Non posso più essere solo,

Sono moltitudine, o Signore,

Perché gli uomini mi abitano.

Li ho incontrati, sono penetrati in me,

vi si sono sistemati, mi hanno tormentato,

 mi hanno preoccupato, mi hanno divorato.

 E li ho lasciati, o Signore,

perché si nutrano e si riposino.

Te li conduco anche, presentandomi a Te.

Te li espongo esponendomi a Te.

Eccomi,

eccoli davanti a Te, o Signore.