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Chiara d’Assisi nacque in una nobile famiglia (1193-1194), da Favarone di Offreduccio di Bernardino e da Ortolana. La madre, recatasi a pregare alla vigilia del parto nella Cattedrale di S. Rufino, sentì una voce che le predisse: “Oh, donna, non temere, perché felicemente partorirai una chiara luce che illuminerà il mondo”. La bambina fu chiamata Chiara. La madre educò con ogni cura le sue figlie, fu una grande donna di fede, tanto da recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa, grande impresa per una donna del Medioevo.

Chiara, già desiderosa di vivere per Dio, rifiutava le nozze terrene e sentendo parlare di Francesco rimase affascinata dalla sua esperienza di vita evangelica: “le sue parole le sembravano di fiamma e le opere sovrumane” (Legenda di S. Chiara). Lui a sua volta “sentendo decantare la fanciulla così ricca di grazia desidera di incontrarla e di parlarle:

per vedere se in qualche modo gli sia dato di strappare dal mondo questa nobile preda e rivendicarla al suo Signore” (LegCh.).

Così Chiara, illuminata dall’altissimo Padre e col consiglio di Francesco, la notte dopo la Domenica delle Palme (18 marzo 1212), fugge di casa e si reca di nascosto alla Porziuncola, dove era attesa dal Santo e dai suoi frati. Qui, sotto lo sguardo di Santa Maria degli Angeli, con il taglio dei capelli e le vesti della penitenza fu consacrata a Dio. Dopo alcuni giorni Francesco la condusse nella chiesina di San Damianodove fu raggiunta ben presto da altre donne, tra le quali anche le sorelle e la mamma, affascinate da questo suo modo di vivere unita a Cristo povero e crocifisso.

Così ebbe inizio l’Ordine delle Sorelle Povere, vivo ancora oggi dopo otto secoli di storia.

Tra le mura di S. Damiano, per quarantadue anni, Chiara e le sue sorelle hanno vissuto una forma di vita secondo il Vangelo, nella povertà che sperimenta la continua provvidenza di Dio, nella comunione fraterna che, superando ogni divisione, incarna l’amore Trinitario e nella contemplazione, con lo sguardo fisso su Gesù, specchio senza macchia, trasformandosi interamente nell’immagine di lui.

Questa forte esperienza di povertà senza alcun possesso, sembrava al Papa impossibile da vivere per delle donne e quando le chiese se voleva essere sciolta da questo voto lei gli rispose: “Santo Padre, a nessun patto e mai, in eterno, desidero essere dispensata dalla sequela di Cristo!”

Donna di fede, Chiara, non si scoraggiava di fronte alle difficoltà sicura che la fedeltà di Dio non verrà mai meno. Con fiducia ricorre a lui in ogni necessità, basta ricordare due episodi della sua vita. Una volta, essendo rimasto un solo pane in monastero, dispone di darne metà ai frati e dall’altra metà ne vennero fuori altre cinquanta fette per le sorelle. Nel 1243 durante un’incursione di milizie saracene nel Monastero di San Damiano, Chiara con impavido cuore, comandò che la conducessero, malata com’era, alla porta e che la ponessero di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo

dei Santi. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: “Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani di pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, Signore, ti prego, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare”. Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle

sue orecchie dalla nuova arca di grazia: “Io vi custodirò sempre!”. “Mio Signore -aggiunse- proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta”. E Cristo a lei: “Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione”.

Sorella malattia l’accompagnò per 28 anni, che dovette trascorrere quasi sempre a letto. In questo tempo si mantenne nella gioia fu sempre madre premurosa per le sue figlie. Si faceva sollevare e lavorava corporali di lino.

A frate Rainaldo che cercava di incoraggiarla, rispose: “Da quando ho conosciuto la grazia del Signore mio Gesù Cristo per mezzo di quel suo servo Francesco, nessuna pena mi è stata molesta, nessuna penitenza gravosa, nessuna infermità mi è stata dura, fratello carissimo!”

Due giorni prima di morire, il 9 agosto 1253, compiendosi il desiderio da lei espresso di vedere approvata la sua regola, anche se avesse dovuto solo baciare la bolla di approvazione e il giorno dopo morire, potè veramente baciare la detta bolla. Ormai vicino alla morte, parlando silenziosamente alla sua anima le disse: “Va’ sicura perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore. E tu, Signore, sii benedetto, che mi hai creata”. Dalla serenità che traspare da questo dialogo percepiamo la santità di una vita vissuta nella fiducia e nell’abbandono in Dio, di chi può dire con forza “l’amore di Cristo rende felici!”