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Ricordo di p. Giuseppe CASTELLI nel I° Anniversario della sua nascita al Cielo

 

         Padre Giuseppe non amava le commemorazioni: quando moriva qualcuno e i parenti chiedevano che si leggesse o si dicesse qualcosa in Chiesa in memoria del defunto, lui storceva il muso:  “Parole inutili”, diceva.  Anche quando, a volte, era inevitabile persino per lui piegarsi a tale richiesta, non gradiva. Di sicuro non gradiva che si facesse, un giorno,  per  commemorare lui.

         Così, anziché spendere parole elogiative, che ciascuno di noi potrebbe pronunciare, ma che sicuramente risulterebbero superflue, talvolta retoriche, comunque di circostanza, è bello invece far parlare lui, ricordandolo con le uniche parole  capaci di restituirlo, oggi, più che mai vivo, nei cuori di tutti e di ciascuno di noi e di  raggiungere  direttamente l’anima di  questa comunità, che egli ha amato fin dal primo momento in cui vi ha messo piede.

         Sono annotazioni di pensieri, scritti per comunicare a persone molto care il suo impatto con la Calabria, ma che possiamo sentire rivolti, oggi più che mai, come un monito, a ciascuno di noi.

“… Sono appena tornato dal mare, camminavo sulla spiaggia e pensavo a te, ai tuoi progetti … e mi chiedevo verso quali lidi stai camminando. E poi mi sono detto che i piedi camminano dove il cuore chiama.

… Il  mare era leggermente mosso, perché la brezza da oriente gli impediva di stare tranquillo. E’ un mare stupendo, dai colori intensi. I pochi gabbiani andavano e venivano dal mare per posarsi sulla spiaggia. Facevano parte del paesaggio e quando, in volo, erano illuminati dal sole, mi tornava alla mente  la  canzone “Uomo libero”. E il mio cuore correva leggero nei ricordi … ma anche nel presente che sto gustando, assaporando con tanta serenità. E stupisco di me stesso, della facilità di stare con questa gente, dei bellissimi rapporti instaurati, della gioia che riesco a comunicare,  ma di quanto anche questa gente sa darmi …

… quanti fiori ci sono da queste parti! Ogni volta che mi muovo un po’, sia a piedi che in macchina resto incantato dalle meraviglie che vedo …

… sono qui solo da qualche giorno e sono stato  accolto molto bene dalla gente. Si dice da queste parti che la Calabria è come l’Africa: come è facile il mal d’Africa, è altrettanto facile il mal di Calabria …

Non so se sia stata una decisione giusta … per il momento non mi interessa saperlo. Questa è stata la porta che si è aperta e io vi sono entrato”

        Vi era entrato, p. Giuseppe, e non è mai tornato indietro,  tenendo  fede agli impegni  assunti nel giorno dell’ordinazione sacerdotale: è andato avanti. Sempre. Nonostante tutto.

L’ultima pagina del libretto preparato in quella occasione, insieme al confratello ed amico Damiano, riportava questa significativa e bella riflessione,  che i due avevano liberamente adattata e fatta propria con l’incredibile acronimo GiuDa  (dall’abbreviazione dei loro nomi): “ Io vado avanti come un asino”.

        Era quell’asino del presepe che, nella notte di Natale di tre anni fa,  il “Parroco” Giuseppe aveva voluto consegnare alla sua comunità, accompagnandolo con un biglietto  che ne riportava alcuni stralci:  il programma di una vita, interamente spesa al servizio del gregge  che il Signore gli aveva affidato.

 Queste le parole: “Io vado avanti come un asino …  /Sì, proprio come quell’animale che un dizionario biblico così descrive: *L’asino della Palestina è molto vigoroso, sopporta il caldo, si nutre di cardi; ha una forma di zoccoli che rende molto sicuro il suo incedere, costa poco il mantenerlo. I suoi soli difetti sono la caparbietà e la pigrizia*. / Io vado avanti come quell’asino di Gerusalemme, che, in quel giorno della festa degli Ulivi divenne la cavalcatura regale e pacifica del Messia. / Io non sono sapiente,/ ma una cosa so: so di portare Cristo  /sulle mie spalle e la cosa mi rende più orgoglioso  /che essere veronese o francescano. /Io lo porto, ma è lui che mi guida:/ io credo in lui, lui mi guida verso il suo regno. /Chissà quanto si sente sballottato il mio Signore, /quando inciampo contro una pietra! /Ma lui non mi rinfaccia mai niente./ E’ così bello percepire quanto/ sia buono e generoso con me:/ mi lascia il tempo di salutare/ l’incantevole asina di Balaan, di sognare /davanti a un campo di spighe, /di dimenticarmi persino di portarlo. /Io vado avanti in silenzio. /E’ strano quanto ci si capisca /anche senza parlare! /La sua sola parola che io ho ben capito, /sembra essere stata detta apposta per me, /e io so quanto è vera: /“il mio giogo è facile da sopportare”/. Fede di animale, /come quando, una notte di Natale,/ allegramente portavo sua madre verso Betlemme:/ “Ella pesava poco, /non essendo piena che dell’avvenire /che era in lei”. /Io vado avanti nella gioia. /Quando voglio cantare le sue lodi, /io faccio un baccano del diavolo, /io canto stonato./ Lui, allora, /ride, ride di cuore /e il suo riso  trasforma /le strettoie del mio vecchio cammino/ in una pista da ballo e /i miei pesanti zoccoli /in sandali alati./ Io vado avanti come un asino/ che porta Cristo sulle sue spalle”.

Oggi siamo noi, la comunità che p. Giuseppe ha nutrito ed amato, a dover sottoscrivere, ad un anno dalla sua morte, questo impegno:  chiamati ad andare avanti, come l’asino della Palestina, portando Cristo sulle nostre spalle e  stando attenti a non farlo mai  precipitare.

                                       

 Mariolina Spadaro